IL PUNTO n. 950 del
12 aprile 2024
di MARCO
ZACCHERA
Per
scrivermi o contattarmi: marco.zacchera@libero.it
Numeri
arretrati sul mio sito www.marcozacchera.it
Sommario: Quello che
sta succedendo in Puglia (e Piemonte) in casa PD e tra i suoi alleati per la
compravendita di voti mi preoccupa, non solo per il metodo ma perché
imbruttisce l’immagine di una regione simbolo di un Sud che sembrava finalmente
recuperare terreno meglio di altre. Penso che molto si giochi molto in chiave
di demagogia (vedi Conte
che improvvisamente chiama fuori il M5S da ogni alleanza all’insegna della
mancanza di legalità: non se ne erano accorti prima?) ma anche perché temo che
- ancora una volta – il metodo coinvolga più o meno TUTTI, ben al di là
delle sigle di partito. Nonostante siano passati decenni da “mani pulite” e ci
siano una quantità di garanti, controlli, burocrazia, ANAC, procuratori
d’assalto, indagini più o meno politicizzate siamo sempre lì: è sconfortante.
In questo
senso ALESSANDRO è un contro-esempio da ringraziare, mentre in Europa
“l’orso-Putin” trova nuovi alleati. A chiudere un approfondimento su di un
paese che troppe volte non crede più in sé stesso, vedi il ponte sullo stretto.
GRAZIE
ALESSANDRO!
Pochi
lettori credo conoscano Alessandro
Dellavedova di Miazzina, un piccolo paese di montagna (364
abitanti) alle spalle di Verbania ed al quale vorrei semplicemente dire
“grazie”. Classe 1934, quest’ anno compie dunque 90 anni e dopo 60
(sessanta) anni ininterrotti in consiglio comunale ha annunciato che non si
ricandiderà. E’ stato sindaco del paese, attivo ed impegnato per la sua terra,
da sempre un “buon esempio” concreto di come ci si possa impegnare nel modo più
completo e disinteressato possibile. Tra tanti tromboni che riempiono gli
schermi TV forse lui (e persone come lui) hanno rappresenta la “Politica” nel
modo più vero (e non lo hanno fatto neppure Cavaliere).
Grazie
Alessandro!
SLOVACCHIA:
PELLEGRINI - ORBAN II
Se il
risultato di un’elezione non piace, più o meno lo si nasconde: in un solo mese
dopo il Portogallo anche la Slovacchia ha confermato la sua svolta a destra e
sabato scorso ha eletto come suo nuovo presidente Peter Pellegrini (avi
lombardi trasferitisi a Bratislava al tempo dell’impero Austroungarico), uomo
notoriamente molto scettico sulla guerra in Ucraina. Un bel successo per la
linea dell’ungherese Orban
che troverà ora nella Slovacchia un alleato prezioso.
Interessante
che in merito Rai 24 si sia limitata a commentare che il neo-presidente
“opererà per la pace in Ucraina” il che non aiuta certo a spiegare al
teleutente italiano che per Pellegrini la pace in Ucraina si ottiene bloccando
gli aiuti a Kiev. Tra l’altro è strano che mentre la NATO si riarma per la
asserita minaccia di Putin proprio due paesi confinanti con l’Ucraina
(Slovacchia e Ungheria) scelgano e sostengano la strada opposta.
“La Repubblica” online –
nella linea di quel buon giornalismo che separa sempre i fatti dalle opinioni –
la vittoria di Pellegrini è testualmente data così (virgolette comprese) ‘Un
altro “pacifista”, un altro burattino del Cremlino ha vinto una elezione in
Europa. Ed è una vecchia conoscenza, quel Peter Pellegrini che ha battuto il
candidato europeista e filo-atlantista Ivan Korkok dopo una campagna elettorale
votata al populismo nazionalista…”. Insomma, toni più da “L’Unità” anni
’70 che attuali, ma intanto gli slovacchi, con libere elezioni, hanno
confermato di NON pensarla come Bruxelles.
Approfondimento: UN PAESE
CHE NON CREDE IN SE’ STESSO
Se ne parla
da decenni, ma nonostante gli annunci, i rinvii e le continue e consolidate
polemiche il ponte sullo Stretto di Messina sembra ancora di là da venire,
sommerso dai dubbi, dalle incertezze, dai “non ci riusciremo mai” e dai
predicatori di cattive notizie.
La realtà è
che il nostro paese sembra non credere più a nulla, soprattutto a sé stesso.
Quando leggo le polemiche pro o contro Salvini
e chi lo sostiene per quest’opera penso al 13 agosto 1898. Quel
giorno a Iselle di
Trasquera, un paesino sopra Domodossola, brillarono le prime
mine per il traforo del Sempione.
Era l’avvio
a un progetto in cui non ci credeva quasi nessuno salvo chi aveva pensato,
progettato, finanziato e voluto un’opera tanto colossale. Si chiamavano Alfred Brandt e Karl Brandau, gli
ingegneri che dai due versanti avevano dato il via ai lavori per un progetto
incredibile per quei tempi (come fu per la strada costruita da Napoleone cento
anni prima): un tunnel ferroviario di quasi 20 chilometri capace di forare le
Alpi con una galleria che fino ad allora non era mai stata neppure concepita e
che rimase per 76 anni il record del mondo, superata negli anni ’80 da una
galleria giapponese sottomarina.
Furono
impegnati sui versanti italiano e svizzero decine di migliaia di operai venuti
da tutte le regioni italiane. Minatori sardi e toscani, contadini che non
avevano mai tenuto un piccone in mano, disoccupati, analfabeti e tanti ragazzi.
Solo nelle trincee del Carso ritroveremo fianco a fianco uomini così diversi,
ma fusi per un progetto impensabile che sotto i loro occhi diventava realtà.
“Rimarranno
schiacciati dal peso di oltre 3.500 metri di roccia sovrastante, saranno
strappati via dalle correnti calde del sottosuolo e comunque non si può
lavorare a 55 gradi!” Rileggendo i giornali del tempo tutto sembrava
impossibile ed invece, neppure sette anni dopo, tutto era compiuto.
Alla fine i
calcoli manuali dello scavo (e non c’erano i GPS, computer e i satelliti di
oggi!) risultarono perfetti: le due gallerie si ritrovarono esattamente a metà
strada, dopo 10 chilometri di buio, con uno scartamento di soli sette
centimetri e, su circa 15.000 operai impegnati nei lavori, ne morirono solo 42,
un niente rispetto ai più di 200 del traforo del Gottardo di anni prima.
Ci furono
inondazioni, incendi, scoppi, epidemie, ma si corse sempre ai ripari
organizzando anche migliori condizioni di vita degli operai che ogni giorno
trovavano abiti puliti, toilette semoventi e aspiratori per ridurre la
temperatura che superò anche i 56 gradi centigradi. Nacque anche un paese,
Balmalonesca, per ospitare migliaia di operai e le loro famiglie, un paese
“vero” con case, osterie, la scuola, una chiesa (anzi due, c’era anche quella
evangelica) e perfino il parroco, Don
Antonio Vandoni, che fu una delle 42 vittime finendo trascinato
via dalle acque in piena del torrente Divedra.
Tutto ciò
per sottolineare che quando un’opera è davvero voluta si riesce sempre a
conquistarla e se per il Sempione furono allora la “piccola” Svizzera e la
“povera” Italia fresca di unità (e al tempo non esistevano consorzi e fondi
multinazionali, BCE, PNRR ed holding, ma solo fondi privati e buoni del tesoro)
anche a Messina – volendolo - si arriverà alla fine. Il ponte sullo
stretto non sarà solo un’opera storica ma soprattutto utile, necessaria se si
vuole finalmente collegare la Sicilia all’Europa, se ci consideriamo una
nazione davvero degna di stare nel G7. Per carità, so benissimo che la
Salerno-Reggio Calabria più a nord è un colabrodo, che ci sono altri mille
problemi logistici e tante strettoie, ma almeno risolviamo un problema (il
principale) e forse sarà allora più facile risolvere gli altri.
Fermarsi
adesso sarebbe ridicolo, anche perché significherebbe ignorare cosa avviene nel
mondo.
A Dubai
trent’anni fa c’era solo sabbia ed oggi il Burj Khalifa è il grattacielo più
alto del mondo. Costruzione indigesta agli ecologisti ed opera faraonica ed
inutile? Sta di fatto che l’anno scorso la città più visitata al mondo da
turisti stranieri non è stata più Parigi ma proprio Dubai e - se qualche
invidioso cugino d’oltralpe avanza dei dubbi - i trend di crescita sono chiari
e Dubai lo sarà nettamente quest’anno.
Allo stesso
modo da Hong Kong non si va più a Macao con un aliscafo ma – volendo - con un
ponte di oltre 50 chilometri. D'altronde chi andrebbe a raccontare agli
abitanti di Copenaghen di chiudere il ponte con Malmoe, in Svezia, perché non
serve, o a quelli di Istanbul che i Dardanelli si dovrebbero ancora
attraversare in traghetto? Ormai Europa ed Asia sono connessi con più ponti sul
Bosforo senza problemi, così come decine di isole nel mondo.
Anche
considerando solo i ponti a campata unica (a più campate il ponte più lungo è
quello di 165 chilometri costruito per l’alta velocità Pechino-Shangai)
costruire un ponte tra Calabria e Sicilia è nell’ordine delle cose e non ditemi
che in Turchia, in Giappone o in Cina non ci siano tsunami e terremoti!
Serve
piuttosto coraggio, orgoglio, volontà: per una volta in Italia vogliamo
crederci ed essere “avanti” o almeno un po' meno di retroguardia, con magari
anche un po' di “spirito di patria” ?
Sono nato a Verbania, sul Lago Maggiore, in una famiglia che da secoli ha le sue radici all’Isola dei Pescatori che è quindi da sempre la mia prima piccola patria.
Quando dopo qualche anno di università la Patria si è ricordata di me - allora la naja era obbligatoria – anziché mandarmi tra i paracadutisti - come speravo- mi ha spedito a Pontebba (Udine), a fare l’artigliere da montagna con il mulo al seguito. Pazienza, da allora ho portato la penna sul cappello (e sono con piacere socio dell’ANA) anziché il basco amaranto.
Quasi alla fine del servizio militare (ed era la prima volta che andavo a votare) mi sono candidato al consiglio comunale della mia città, mi hanno subito eletto e di lì ho cominciato la carriera, cresciuta – è il caso di dire – dalla gavetta: dal comune alla provincia, al consiglio regionale del Piemonte nel 1990. In quegli anni essere di Destra significava lavorare seriamente ma essere emarginati, ritrovandosi spesso da soli in un ruolo di dura quanto difficile opposizione, ma è proprio in quel periodo che ho maturato esperienza e rafforzato le mie scelte per costruire una politica che - allora come oggi - intendevo e intendo trasparente, impegnata e concreta. Amavo ed amo stare in mezzo alle persone, discutere con loro, vivere i loro problemi.
Nel ’94 la mia prima candidatura al Parlamento sostenuta e vinta con l'aiuto di oltre 110.000 piemontesi che mi hanno voluto a Montecitorio, unico eletto di Alleanza Nazionale in tutta la circoscrizione del Piemonte 2. La mia circoscrizione elettorale era composta da ben 7 province ma non ho mai mancato ad un appuntamento, ad un incontro.
Subito dopo l’elezione alla Camera Gianfranco Fini mi ha chiamato ad impegnarmi come dirigente nazionale di partito e sono stato così l’ultimo responsabile del dipartimento Organizzazione del MSI-DN prima della fondazione di Alleanza Nazionale e vi ricordate forse il famoso congresso a Fiuggi – quando è stata fondata AN - che ho organizzato proprio io come segretario generale del congresso.
Mi hanno poi rieletto alla Camera nel 1996 e nel 2001 nel collegio uninominale di Verbania-Domodossola, dove AN e la allora "Casa delle Libertà" hanno quasi sempre conquistato la più alta percentuale regionale. Sono stati gli anni più belli perchè con l'elezione diretta a deputato ero in rapporto diretto con i miei elettori che cercavo quindi di rappresentare bene ogni giorno.
Il mio collegio elettorale era terra di montagna e di laghi, ma non c'è un paese, una frazione e forse anche solo un gruppo di case dove io non sia passato, magari organizzando anche un incontro, un dibattito, una conferenza stando vicino ai problemi della "mia" gente soprattutto quando vi erano momenti di maggiore difficoltà. Organizzavo i miei "Rapporto agli elettori" nelle piazze o nelle palestre, nei saloni dei ristoranti o in quelli parrocchiali e cercavo sempre soprattutto di spiegare con parole semplici cosa succedeva a Roma e perché tante cose non si riuscivano a risolvere, così come per anni ed anni alla TV locale ogni settimana la mia rubrica "Onorevole, permette?" era aperta a tutti.
In quegli anni ho diretto l dipartimento Enti Locali di AN e, dal 2002, sono stato - fino alla fine della storia di Alleanza Nazionale - il responsabile del dipartimento Esteri in contatto (anche perché facevo parte della Commissione Esteri) non solo con moltissime figure politiche mondiali ma soprattutto con gli italiani che vivono nel mondo.
Dal 2001 fino al 2012 sono stato componente e anche presidente per cinque anni della delegazione Italiana alla UEO (Unione Europea Occidentale) che si occupava di difesa e sicurezza europea e sono stato membro del Consiglio d’Europa a Strasburgo.
Nel 2005 mi sono nuovamente laureato, questa volta in "Storia delle Civiltà" e sempre a pieni voti con una tesi sui rapporti nel campo della sicurezza tra Unione Europea ed USA dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Nel 2006 e nel 2008 sono stato rieletto deputato per un totale di cinque legislature e 18 anni passati a Montecitorio.
Leggendo qualcuno penserà ad esagerazioni ed invece no: lavorando seriamente si può fare tutto questo senza molti problemi (senza autista o auto blu!) e sono sempre rimasto stupito come nelle statistiche risultassi uno dei deputati più attivi per interventi o iniziative parlamentari perché davvero non mi sembrava di esagerare, ma solo – appunto – di impegnarmi seriamente visto d'altronde lo stipendio che ci davano e che imponeva impegno e responsabilità.
Come ho scritto in uno dei miei libri, "STAFFETTE", che ho dedicato ai giovani di oggi (e che vi invito a leggere perché racconta un po’ tutto di me e della politica di questi anni) non ho mai amato l’apparato del potere, i lussi inutili, gli sprechi di quel mondo falso e senza onore che sta da tempo distruggendo l’anima della gente e la natura intorno a noi. Concetti che riprendo anche in "INVERNA", un nuovo titolo uscito nell’autunno 2012.
Nella mia vita ho avuto la fortuna di viaggiare (per ora) in 139 paesi del mondo ma una svolta importante nella mia vita è venuta nel 1980 quando ho iniziato a lavorare in Africa sul Lago Turkana, in un villaggio di poveri pescatori insegnando loro a pescare. Da allora mi sono reso conto che i problemi non sono mai solo personali, ma anche di tutta l’umanità e che dobbiamo essere comunque grati e contenti verso il "Grande Capo" per tutto quello che abbiamo e che troppe volte diamo per scontato.
Per dare una risposta concreta ho così fondato i VERBANIA CENTER che operano dal Kenya al Mozambico, dal Burundi al Sud America e che oggi sono organizzati in un "Fondo" all'interno della Fondazione Comunitaria del VCO. In oltre 40 anni abbiamo realizzato più di 100 iniziative di sviluppo sociale ed investito oltre 700.000 euro.
Dal Darfur all’Afghanistan, dal Burundi a Timor Est, dal Corno d’Africa al conflitto Mediorientale ho anche visto e vissuto direttamente anche i drammi di tante guerre dimenticate,così come la realtà di tantissimi italiani all’estero che meriterebbero ben più attenzione e rispetto e che invece troppe volte in patria non sono assolutamente considerati.
Credo che si debba essere sempre delle persone semplici: il titolo di onorevole o quello di commendatore non mi sono mai piaciuti, non per niente i miei genitori mi hanno chiamato Marco, il che suona molto meglio e se non mi conoscete di persona ed avrete occasione di contattarmi per favore chiamatemi così.
Qualcuno dice che sono stato un deputato e un politico anomalo... non so, io so soltanto che di dentro mi sento davvero sempre il ragazzo di una volta, quello che parlava al megafono tra le urla (o peggio) nelle assemblee studentesche oppure che prendeva la parola solo contro tutti in consiglio comunale e vorrei ancora essere capace di cambiare sul serio, in meglio, questa Italia che amo e la nostra società dove ci sono ancora tante, troppe ingiustizie.
Anno dopo anno, però, ho scoperto che non sono le ideologie a fare le differenze, ma la qualità delle persone e ne ho trovate di valide e corrette in ogni formazione politica.
E' stata una grande avventura, un onore ed un orgoglio e nel 2012 - anche se avrei potuto rinviare questa scelta - ho anche volontariamente lasciato Montecitorio per svolgere questo incarico a tempo pieno. Per quattro anni ho dato tutto me stesso per la mia città, senza orari né limiti, cercando (gratis) di aiutare e di ascoltare sempre tutti con il massimo impegno possibile. Certo non ho mai fatto discriminazioni di alcun tipo e mi spiace che a volte qualche avversario (ma soprattutto qualche collega di centro-destra) non abbia capito che amministrare una città significa andare ben al di sopra delle opinioni politiche.
Nel 2013 ho scelto di dimettermi da sindaco perchè la mia maggioranza (come il centro-destra a livello nazionale) si era divisa, ma soprattutto sono stato spinto a farlo – e ne ho poi avuto conferma dalle indagini giudiziarie – perché alcune persone a me vicine avevano tramato contro di me diffondendo maldicenze e assurdità: una pagina brutta, una grande sofferenza e delusione che mi ha ferito profondamente.
La “Giustizia” degli uomini mi ha dato completamente ragione ma mi è rimasto il peso di essere stato costretto a lasciare un incarico al quale tenevo, dove ci mettevo il cuore senza risparmiarmi. Ci tenevo perché mi avevano eletto quei miei concittadini che, a larga maggioranza, mi conoscevano di persona e avevano avuto fiducia in me , passano gli anni ma e' una ferita che non si e' rimarginata.
Ho così concluso la mia carriera elettiva ma ho continuato nei miei impegni perché ci sono infinite cose da fare.