IL PUNTO n. 895 del
3 febbraio 2023
di MARCO ZACCHERA
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Riflessione: IL NODO MIGRANTI
Non è il
più importante problema del continente e dubito che comunque sarà la volta
buona, ma al vertice europeo del prossimo 9 febbraio si dovrebbe affrontare
(finalmente) il nodo dell’immigrazione clandestina, tema caro ai paesi del sud
Europa mentre per ora Bruxelles ribadisce che non vuole prendersi in carico una
sostanziosa quota-parte degli arrivi al di là di generici “impegni condivisi”.
Ci sono
state infinite polemiche in Italia quando oltre due mesi fa fu respinta una
(una sola!) delle tante navi in arrivo nel nostro paese, ma pochi hanno poi
notato che quando la Ocean-Viking è approdata a Tolone non fu considerata
ufficialmente attraccata in territorio francese e così ben pochi migranti
furono accolti.
Lo stesso
Macron che tanto aveva accusato l’Italia, sommerso dalle critiche della Le Pen,
respinse infatti buona parte di quei migranti che, dopo un breve periodo di
detenzione sono stati ammanettati, imbarcati di forza sugli aerei e rispediti
al paese d’origine nel silenzio dei progressisti europei.
Un
atteggiamento che se fosse stato fatto dall’Italia avrebbe probabilmente
scatenato una polemica generale, ma che invece in Francia è stato liquidato in
pochi giorni.
Eppure, a
pensarci, la violazione delle norme internazionali è totale: il primo “paese
sicuro” che i migranti da sud incontrano sulla loro strada di solito è Malta
che però da sempre rifiuta gli sbarchi (eppure è a tutto titolo in Europa, gode
della presidenza del parlamento europeo ed economicamente non è certo in grandi
difficoltà), le navi delle ONG ne tengono conto e si presentano così davanti
alle nostre coste.
Ascoltare
pure le prediche europarlamentari della presidente Roberta Metsola è un po'
scocciante, soprattutto questo l’atteggiamento del suo paese, ma anche perché i
numeri ufficiali del Ministero dell’Interno aggiornati a fine anno sottolineano
la crescente gravità della situazione.
A parte i
clandestini non intercettati o prevenienti da est, ci sono stati 34.154 sbarchi
nel 2020, 67.677 nel 2021 e ben 105.140 l’anno scorso (la punta nel mese di
agosto). A gennaio c’è stata una nuova moltiplicazione di sbarchi: una
emergenza che segue a quella di dicembre (10.770 sbarchi ufficiali rispetto ai
4.554 dell’anno precedente.
Il
“sistema” degli scafisti funziona insomma alla perfezione con un giro d’affari
impressionante cosa che evidentemente a Bruxelles non crea alcun imbarazzo.
Ma c’è un
altro dato da tenere d’occhio: al netto di quanti sono più o meno ufficialmente
“spariti” dai punti di raccolta, al 31.12.2022 i centri di accoglienza avevano
in carico 107.269 persone (pari, in pratica, alla totalità dei migranti
ufficiali dell’anno scorso) a significare che chi arriva viene sì soccorso ma
poi, sostanzialmente, è “parcheggiato” senza un futuro.
Nello
stesso periodo l’assorbimento ufficiale degli altri paesi europei è stato
praticamente nullo e quindi i migrati restano nel circuito italiano o – molto
più probabilmente – escono dal nostro paese in modo clandestino e tali si
ritroveranno nel nuovo paese raggiunto con varie peripezie: massa d’urto per
problemi sociali tremendi, e fornitura di manodopera disperata al mondo
per lavoro nero e delinquenza.
Non c’è
dubbio che una barca alla deriva vada soccorsa per un concreto pericolo di
vita, ma quante persone in mare sono effettivamente migranti politici o fuggono
da guerre o carestie e quante invece sono lì dopo aver comprato il proprio
viaggio – biglietti aerei inclusi - e quindi sono l’oggetto di commercio da
parte delle organizzazioni scafiste che pianificano tutto?
Le fredde
cifre ufficiali ci dicono che degli oltre 100.000 arrivi del 2022 quasi il 20%
(20.542) vengono dall’Egitto, 18.147 dalla Tunisia, 14.877 dal Bangladesh -
paesi dove la guerra proprio non c’è - e bisogna arrivare agli 8.594 siriani o
ai 7.241 afgani per trovare cittadini di paesi in guerra o comunque dove vi sia
un concreto problema di rischio politico.
In totale
oltre l’80% dei richiedenti asilo sono quindi “economici” e tutti hanno pagato
profumatamente per imbarcarsi e finire in mezzo al mare. Sono così gli scafisti
che fanno la scelta sulla base delle possibilità di pagamento e questa è la
scomoda verità che dovrebbe essere ammessa da tutti, ad iniziare dalle ONG che
di fatto aiutano per ragioni umanitarie solo l’ultimo tratto del un lungo e
complesso traffico internazionale di esseri umani. Al di là di ogni
interpretazione politica e di ogni motivazione ideologica il fallimento europeo
è proprio nel non riuscire a bloccare le partenze.
E’ evidente
che ci sia una aperta connivenza tra autorità politiche degli stati costieri
del Nord Africa e gli scafisti che intercettano il flusso, ma passano gli anni
e su questo aspetto l’Europa non riesce (o non vuole?) prendere atto della
situazione, forse perché imporrebbe decisioni drastiche.
D'altronde
più passano gli anni più si chiariscono le responsabilità di chi ha spinto –
come la Francia, per chiari interessi petroliferi – a destabilizzare la Libia
che in qualche modo teneva sotto controllo il fenomeno dopo gli accordi
sottoscritti con l’Italia.
Sono
situazioni e numeri che andrebbero tenuti maggiormente in considerazione da chi
si straccia le vesti per i rallentamenti imposti dal governo Meloni alle navi
ONG senza però risolvere il problema.
Certo che
senza soccorsi si rischiano più morti in mare e questo è umanitariamente
catastrofico, ma se quei poveracci non fossero partiti certamente non si
sarebbero messi in pieno rischio.
Come ho
scritto nel mio libro “Integrazione (im)possibile? Quello
che non ci dicono su Africa, Islam ed Immigrazione” – chi
fosse interessato può richiedermelo via mail a marco.zacchera@libero.it) la partita
va giocata in altro modo: l’Italia (e l’Europa), prendano atto che
l’immigrazione è un fenomeno mondiale, ma anche paradossalmente utile alla
stessa Europa se si passasse dal “subire” il fenomeno a finalmente gestirlo
permettendo una maggiore elasticità di ingressi tramite corridori umanitari con
adeguati “filtri” in partenza.
A tutti
converrebbe che i migranti arrivassero in Italia e in Europa in modo
organizzato, corretto, predeterminato, passaporto alla mano, esattamente come
avvenuto per decenni all’emigrazione italiana nel mondo.
Un aiuto
importante e concreto potrebbe venire anche dalle Conferenze Episcopali di
molti paesi africani perché è evidente che è più facile integrare un cattolico
nigeriano che parla inglese rispetto a un musulmano integralista che parla solo
arabo.
Non
ammetterlo è un atto demagogico (la demagogia è comunque la evidenza più importante
di questa problematica), eppure da anni ad ogni TG vediamo solo le solite
immagini di disperati alla deriva con un’Europa incapace di prendere
(finalmente) decisioni credibili di fatto lavandosi le mani del problema e si
arrangi chi ci resta in mezzo.
(causa mia
assenza dall’Italia questo articolo de IL PUNTO è stato scritto il 24 gennaio)
Buona
settimana a tutti!
MARCO ZACCHERA



Sono nato a Verbania, sul Lago Maggiore, in una famiglia che da secoli ha le sue radici all’Isola dei Pescatori che è quindi da sempre la mia prima piccola patria.


Quando dopo qualche anno di università la Patria si è ricordata di me - allora la naja era obbligatoria – anziché mandarmi tra i paracadutisti - come speravo- mi ha spedito a Pontebba (Udine), a fare l’artigliere da montagna con il mulo al seguito. Pazienza, da allora ho portato la penna sul cappello (e sono con piacere socio dell’ANA) anziché il basco amaranto.
Quasi alla fine del servizio militare (ed era la prima volta che andavo a votare) mi sono candidato al consiglio comunale della mia città, mi hanno subito eletto e di lì ho cominciato la carriera, cresciuta – è il caso di dire – dalla gavetta: dal comune alla provincia, al consiglio regionale del Piemonte nel 1990. In quegli anni essere di Destra significava lavorare seriamente ma essere emarginati, ritrovandosi spesso da soli in un ruolo di dura quanto difficile opposizione, ma è proprio in quel periodo che ho maturato esperienza e rafforzato le mie scelte per costruire una politica che - allora come oggi - intendevo e intendo trasparente, impegnata e concreta. Amavo ed amo stare in mezzo alle persone, discutere con loro, vivere i loro problemi.
Nel ’94 la mia prima candidatura al Parlamento sostenuta e vinta con l'aiuto di oltre 110.000 piemontesi che mi hanno voluto a Montecitorio, unico eletto di Alleanza Nazionale in tutta la circoscrizione del Piemonte 2. La mia circoscrizione elettorale era composta da ben 7 province ma non ho mai mancato ad un appuntamento, ad un incontro.
Subito dopo l’elezione alla Camera Gianfranco Fini mi ha chiamato ad impegnarmi come dirigente nazionale di partito e sono stato così l’ultimo responsabile del dipartimento Organizzazione del MSI-DN prima della fondazione di Alleanza Nazionale e vi ricordate forse il famoso congresso a Fiuggi – quando è stata fondata AN - che ho organizzato proprio io come segretario generale del congresso.
Mi hanno poi rieletto alla Camera nel 1996 e nel 2001 nel collegio uninominale di Verbania-Domodossola, dove AN e la allora "Casa delle Libertà" hanno quasi sempre conquistato la più alta percentuale regionale. Sono stati gli anni più belli perchè con l'elezione diretta a deputato ero in rapporto diretto con i miei elettori che cercavo quindi di rappresentare bene ogni giorno.
Il mio collegio elettorale era terra di montagna e di laghi, ma non c'è un paese, una frazione e forse anche solo un gruppo di case dove io non sia passato, magari organizzando anche un incontro, un dibattito, una conferenza stando vicino ai problemi della "mia" gente soprattutto quando vi erano momenti di maggiore difficoltà. Organizzavo i miei "Rapporto agli elettori" nelle piazze o nelle palestre, nei saloni dei ristoranti o in quelli parrocchiali e cercavo sempre soprattutto di spiegare con parole semplici cosa succedeva a Roma e perché tante cose non si riuscivano a risolvere, così come per anni ed anni alla TV locale ogni settimana la mia rubrica "Onorevole, permette?" era aperta a tutti.
In quegli anni ho diretto l dipartimento Enti Locali di AN e, dal 2002, sono stato - fino alla fine della storia di Alleanza Nazionale - il responsabile del dipartimento Esteri in contatto (anche perché facevo parte della Commissione Esteri) non solo con moltissime figure politiche mondiali ma soprattutto con gli italiani che vivono nel mondo.
Dal 2001 fino al 2012 sono stato componente e anche presidente per cinque anni della delegazione Italiana alla UEO (Unione Europea Occidentale) che si occupava di difesa e sicurezza europea e sono stato membro del Consiglio d’Europa a Strasburgo.
Nel 2005 mi sono nuovamente laureato, questa volta in "Storia delle Civiltà" e sempre a pieni voti con una tesi sui rapporti nel campo della sicurezza tra Unione Europea ed USA dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Nel 2006 e nel 2008 sono stato rieletto deputato per un totale di cinque legislature e 18 anni passati a Montecitorio.
Leggendo qualcuno penserà ad esagerazioni ed invece no: lavorando seriamente si può fare tutto questo senza molti problemi (senza autista o auto blu!) e sono sempre rimasto stupito come nelle statistiche risultassi uno dei deputati più attivi per interventi o iniziative parlamentari perché davvero non mi sembrava di esagerare, ma solo – appunto – di impegnarmi seriamente visto d'altronde lo stipendio che ci davano e che imponeva impegno e responsabilità.
Come ho scritto in uno dei miei libri, "STAFFETTE", che ho dedicato ai giovani di oggi (e che vi invito a leggere perché racconta un po’ tutto di me e della politica di questi anni) non ho mai amato l’apparato del potere, i lussi inutili, gli sprechi di quel mondo falso e senza onore che sta da tempo distruggendo l’anima della gente e la natura intorno a noi. Concetti che riprendo anche in "INVERNA", un nuovo titolo uscito nell’autunno 2012.
Nella mia vita ho avuto la fortuna di viaggiare (per ora) in 139 paesi del mondo ma una svolta importante nella mia vita è venuta nel 1980 quando ho iniziato a lavorare in Africa sul Lago Turkana, in un villaggio di poveri pescatori insegnando loro a pescare. Da allora mi sono reso conto che i problemi non sono mai solo personali, ma anche di tutta l’umanità e che dobbiamo essere comunque grati e contenti verso il "Grande Capo" per tutto quello che abbiamo e che troppe volte diamo per scontato.
Per dare una risposta concreta ho così fondato i VERBANIA CENTER che operano dal Kenya al Mozambico, dal Burundi al Sud America e che oggi sono organizzati in un "Fondo" all'interno della Fondazione Comunitaria del VCO. In oltre 40 anni abbiamo realizzato più di 100 iniziative di sviluppo sociale ed investito oltre 700.000 euro.
Dal Darfur all’Afghanistan, dal Burundi a Timor Est, dal Corno d’Africa al conflitto Mediorientale ho anche visto e vissuto direttamente anche i drammi di tante guerre dimenticate,così come la realtà di tantissimi italiani all’estero che meriterebbero ben più attenzione e rispetto e che invece troppe volte in patria non sono assolutamente considerati.
Credo che si debba essere sempre delle persone semplici: il titolo di onorevole o quello di commendatore non mi sono mai piaciuti, non per niente i miei genitori mi hanno chiamato Marco, il che suona molto meglio e se non mi conoscete di persona ed avrete occasione di contattarmi per favore chiamatemi così.
Qualcuno dice che sono stato un deputato e un politico anomalo... non so, io so soltanto che di dentro mi sento davvero sempre il ragazzo di una volta, quello che parlava al megafono tra le urla (o peggio) nelle assemblee studentesche oppure che prendeva la parola solo contro tutti in consiglio comunale e vorrei ancora essere capace di cambiare sul serio, in meglio, questa Italia che amo e la nostra società dove ci sono ancora tante, troppe ingiustizie.
Anno dopo anno, però, ho scoperto che non sono le ideologie a fare le differenze, ma la qualità delle persone e ne ho trovate di valide e corrette in ogni formazione politica.
E' stata una grande avventura, un onore ed un orgoglio e nel 2012 - anche se avrei potuto rinviare questa scelta - ho anche volontariamente lasciato Montecitorio per svolgere questo incarico a tempo pieno. Per quattro anni ho dato tutto me stesso per la mia città, senza orari né limiti, cercando (gratis) di aiutare e di ascoltare sempre tutti con il massimo impegno possibile. Certo non ho mai fatto discriminazioni di alcun tipo e mi spiace che a volte qualche avversario (ma soprattutto qualche collega di centro-destra) non abbia capito che amministrare una città significa andare ben al di sopra delle opinioni politiche.
Nel 2013 ho scelto di dimettermi da sindaco perchè la mia maggioranza (come il centro-destra a livello nazionale) si era divisa, ma soprattutto sono stato spinto a farlo – e ne ho poi avuto conferma dalle indagini giudiziarie – perché alcune persone a me vicine avevano tramato contro di me diffondendo maldicenze e assurdità: una pagina brutta, una grande sofferenza e delusione che mi ha ferito profondamente.
La “Giustizia” degli uomini mi ha dato completamente ragione ma mi è rimasto il peso di essere stato costretto a lasciare un incarico al quale tenevo, dove ci mettevo il cuore senza risparmiarmi. Ci tenevo perché mi avevano eletto quei miei concittadini che, a larga maggioranza, mi conoscevano di persona e avevano avuto fiducia in me , passano gli anni ma e' una ferita che non si e' rimarginata.
Ho così concluso la mia carriera elettiva ma ho continuato nei miei impegni perché ci sono infinite cose da fare.


