IL PUNTO n 980 del 13 dicembre 2024 di MARCO ZACCHERA Per
scrivermi o contattarmi: marco.zacchera@libero.it Numeri
arretrati sul mio sito www.marcozacchera.it
Sommario: Voglio
innanzitutto ricordare un amico e maestro, ENZO TRANTINO, e cercare poi di
spiegare che il “decreto flussi” è veramente una possibile soluzione al
problema immigrazione. Sono invece allibito e preoccupato che nessuno abbia
parlato a fondo di cosa stia succedendo in ROMANIA dove a 2 giorni dal voto è
stata annullato il ballottaggio per l’elezione del presidente della Repubblica
dando la colpa a “influenze indebite” russe solo perché il risultato del primo
turno non piaceva a chi governa. Il voto di milioni persone in un paese UE è
stato azzerato. E’ questa è la democrazia che sta arrivando in Europa se il
risultato va contro i desideri di Bruxelles? Oggi e
domani verrà presentato l’ultimo libro di FRANCO CARDINI “Gaza: nulla
sarà più come prima”. Ad
Omegna venerdì alle ore 21 al Forum, a Verbania Intra alle 17 presso il salone
della SOMS di Via De Bonis. ADDIO AD UN MAESTRO VERO, ENZO TRANTINO E’
scomparso a 90 anni nella sua Catania - dove il figlio Enrico è oggi sindaco
della città – il mio amico carissimo Vincenzo
(Enzo) Trantino. Ricordo
bene che quando alla Camera prendeva la parola nell’emiciclo calava il silenzio
ed anche i commessi ascoltavano attenti. Erano, i
suoi, interventi speciali e mai di routine, dove l’eloquenza si sposava con
l’ironia, l’arguzia, le capacità dialettiche e sempre con una logica deduttiva
che lasciava trasparire il valore dell’avvocato di grande qualità. Enzo Trantino
era un galantuomo che ha saputo distinguersi sia nell’attività politica che in
quella forense per la sua preparazione giuridica, ma anche per la sua innata
vocazione oratoria che nel comizio di piazza – che oggi diremmo “di altri
tempi” - trovava vette ineguagliabili. Entrato in
politica giovanissimo, Trantino era un convinto monarchico ed iniziò proprio
nel Partito Nazionale Monarchico la sua carriera politica già nel primo
dopoguerra confluendo poi nel MSI-Destra Nazionale all’inizio degli anni ’70. Alle
elezioni regionali del 1971 a Catania, sotto la sua guida, la destra arrivò al
31% dei voti e l’anno dopo Trantino entrò in parlamento rimanendoci per ben 9
legislature sempre rieletto a Catania fino a quando non si ripresentò nel 2006,
certo che sarebbe stato chiamato alla Corte Costituzionale dalla quale invece
venne poi escluso per trattative e compromessi di palazzo: una ferita per lui
mai rimarginata. Ma non sono
le note biografiche a rendere giustizia ad Enzo Trantino quanto le sue capacità
sia nell’affrontare i processi che nell’aver pubblicato “per divertimento”
tutta una serie di libri che lo hanno dimostrato uno scrittore ed un
giornalista brillante, ironico, da leggere tutto d’un fiato. Amava Catania e la
sua Sicilia, l’ammirava dalla sua casa sulle pendici dell’Etna e ne ritrovava
la storia nel suo splendido studio legale in un palazzo che aveva sapientemente
restaurato, nel cuore della città. Aveva una
fede cristiana profonda che lo ha aiutato anche a superare il dramma della
perdita della moglie Gemma alcuni anni fa ed era sempre sorridente, arguto,
dava giudizi taglienti come lame, rasoiate imperdibili su amici ed avversari
politici. Una fortuna
averlo conosciuto ed esserne stato stimato da un “maestro” che ha rappresentato
una Politica che da decenni non esiste più, quella che era legata alle idee ed
alle ideologie che portavano al confronto serrato del dibattito, non affidata
alle battute superficiali e frivole come quella di oggi. IMMIGRAZIONE, PARLIAMONE
SERIAMENTE Se per una
volta prendessimo in esame senza condizionamenti o preconcetti politici la
nuova normativa proposta dal “decreto flussi” bisognerebbe ammettere che si va
nella direzione giusta. Nessuno
mette in dubbio i casi documentati di discriminazione politica, etnica o
religiosa e quei migranti vanno comunque accolti, ma il problema non è per
queste categorie ma piuttosto per la sterminata richiesta di immigrati
“economici” che arrivano clandestinamente e poi spariscono oppure che per
necessità fingono di essere perseguitati pur di restare e verso cui o vale il
“liberi tutti” (e allora si muore in mare, arriva solo chi paga i trafficanti e
poi finisce nel buco nero dell’illegalità) o servono delle regole, dei filtri,
dei criteri oggettivi. In questo
senso agevolare l’arrivo di chi ha già dei radicamenti famigliari od economici
in Italia può essere una soluzione in quanto dovrebbe garantire che l’immigrato
potrà inserirsi più facilmente e con più difficoltà essere oggetto di
sfruttamento e il decreto fissa regole precise. Sempre con il “decreto flussi”
il governo potrà poi man mano indicare un plafond annuale ragionevole e più
ampio di arrivi tenendo conto delle effettive necessità e quantificando anche
la provenienza dei richiedenti, aspetto opinabile fin che si vuole ma che viene
incontro anche ad una logica di esperienze e professionalità. Tutto
potrebbe quadrare fermando però poi necessariamente chi invece vorrebbe
continuare ad arrivare senza regole, ed è qui che scatta la questione dei
“paesi sicuri”. Se, infatti, praticamente quasi tutti i paesi di emigrazione
sono “insicuri” come sostengono certi giudici e la sinistra, allora il decreto
non servirebbe a nulla mortificando chi vorrebbe arrivare legalmente. In questo
senso rinviare alle Corti d’Appello l’esame delle singole pratiche è un
ritardante che permette nel frattempo di tenere in sospeso (ma sotto custodia)
i clandestini, verificarli e respingere chi non è veramente perseguitato, altrimenti
il “liberi tutti” non sarebbe uno sgarbo alla Meloni, ma prima di tutto ai
diritti degli immigrati che vogliono arrivare legalmente. Affrontiamo
il problema con realismo e serietà: stabilire delle regole è necessario e
questa è la strada giusta, stare senza regole o chiudersi sono sciocchezze. Se questa
linea fosse intrapresa unitariamente da tutta l’Europa (ed è qui il valore del
pre-collocamento provvisorio in Albania, proprio per operare le dovute prime
verifiche, è preconcetto non volerlo capire) avremmo finalmente un quadro
d’insieme evitando che alcuni paesi soffrano i problemi dall’essere prima linea
e ci sia poi quel fuggi-fuggi interno alla UE che sta creando disastri in tutta
Europa con la legittima protesta degli europei. L’ emigrazione è un fenomeno
mondiale che va affrontato con una accoglienza ragionata, organizzata, legale:
lo hanno fatto da sempre negli Stati Uniti e in Australia e decine di milioni
sono stati accolti, ma uno alla volta e documenti alla mano: quando si sono
moltiplicati gli illegali è arrivato il caos. ROMANIA: MA E’ INAUDITO (e
non ne parla nessuno!) Credo che
tutti i cittadini europei dovrebbero osservare con molta più attenzione quello
che sta succedendo in Romania. Nel
disinteresse generale dell’Europa, infatti, la Corte Costituzionale romena ha
annullato (con la motivazione ufficiale che “I tentacoli di Mosca hanno creato
il consenso”) a 48 ore dal ballottaggio le elezioni presidenziali che al primo
turno avevano sorprendentemente escluso dal secondo il leader socialdemocratico
Marcel Ciolaco – attuale primo ministro - che era dato per grande favorito e
che invece era stato sconfitto da un candidato indipendente, Calin Georgescu
(subito definito sovranista e “filo russo”) ma anche dalla leader della destra
moderata ed europeista Elena Lasconi. A parte l’ironia delle dichiarazioni di
Ciolaco che - ad urne chiuse, ma convinto di essere stato eletto – aveva
parlato di “Una elezione assolutamente trasparente” salvo poi chiederne
l’annullamento quando è arrivato terzo, ci sono molte cose che non vengono
chiarite. Innanzitutto
va ricordato come la Corte Costituzionale romena è strettamente legata al
potere politico – nove persone tutte nominate dai Presidenti della Repubblica e
di Camera e Senato – ma che, con una decisione senza precedenti, non è
stato annullato solo il voto ma “tutto il procedimento elettorale”. Si riparte
quindi da capo, ci vorranno mesi per nuove elezioni, ci potranno essere nuovi
candidati. Se il processo elettorale non funzionava prima del voto, perché
attendere i risultati per annullarlo e non intervenire prima? Intanto il
presidente attuale, dopo 10 anni, continuerà a governare nonostante i limiti
costituzionali. La Corte ha
deliberato sulla base di “documenti desegretati” (post voto!) che proverebbero
una lunga azione di Putin per stravolgere i risultati. Come prove si parla
soprattutto di manipolazioni informative tramite tik tok, hackeraggio
elettorale e di un contributo elettorale di 381.000 euro che durante l’arco di
un mese sarebbe stato versato da “una potenza straniera” a influencer vicini a
Georgescu. Senza
dimenticare che i “servizi informativi” sono tutti in mano al governo,
possibile che 19 milioni di romeni siano condizionabili da tik-tok? E quanto
hanno investito allora sulle elezioni romene l’Europa, la NATO (in vista della
sua nuova grande base militare a Costanza), gli USA e le “fondazioni” di Soros?
Questi non “inquinano” il voto e invece Putin sì? Perché ci
sono anche due gravi aspetti che vengono taciuti dai media. Innanzitutto le
recenti elezioni legislative in cui i partiti di governo e quelli filo-UE
avevano già pesantemente perso la maggioranza, tanto che non si riesce a
costituire un nuovo governo e poi il voto dei romeni all’estero. Appare
difficile che anche qui da noi conti l’influenza di Putin, eppure è
sorprendente che il voto “estero” abbia comunque ovunque largamente premiato
Georgescu, con oltre il 70% dei voti. “E’ una sciocchezza dire che i
romeni abbiano votato pro Putin – sottolinea uno dei responsabili della comunità
romena di Verbania, la mia città, dove pure era stato aperto un seggio per il
migliaio di romeni residenti nel VCO - piuttosto il nostro voto era andato a
Georgescu perché rappresentava una speranza di rinnovamento rispetto alla
corruzione che dilaga in Romania con i governi degli ultimi anni che hanno
sprecato i fondi europei e dove la mafia e la corruzione dominano ovunque.
Questo è il vero motivo del voto a Georgescu, il resto è pura disinformazione
che però in Italia sembra non interessare a nessuno. Ma questo è un vero e
proprio colpo di stato che l’Europa dovrebbe evitare”. Parole che
aprono un baratro anche sui risultati che l’allargamento ad est della UE ha
portato in termini di spreco, corruzione, uso improprio dei fondi europei.
Tutti argomenti che finiscono però sempre sotto traccia in nome del
“politicamente corretto”. E’ comunque
discutibile che sia stato annullato in modo inappellabile un voto espresso da
milioni di persone, è un pericolosissimo precedente se ci diciamo “democratici”
visto anche quale era la vera posta in gioco ovvero le nuove basi NATO in
Romania, l’appoggio romeno per il conflitto in Ucraina, l’aperta diffidenza
verso Bruxelles che i romeni già il mese scorso avevano certificato con un voto
che nessuno aveva contestato. Anche
perché è molto probabile che nei prossimi mesi Calin Georgescu verrà accusato
di nefandezze varie, verrà incriminato per qualcosa e gli sarà impedito di
partecipare comunque alle elezioni il cui risultato sarà così probabilmente
“normalizzato”. Se questo avverrà ricordate di quello che sto scrivendo oggi,
perché è il timore di tutti i romeni con i quali ho parlato in queste ore,
ovvero l’avvio di crescenti disordini “Ci verranno poi a dire che saranno
fomentati da Putin, ma nove persone politiche non devono avere la possibilità
di annullare senza appello un processo democratico di mesi solo perché chi li
ha nominati non gradisce il risultato. Semmai era l’Europa che doveva garantire
la trasparenza del processo elettorale, ma nulla ha eccepito fino alla
pubblicazione dei risultati. E’ questa sarebbe la democrazia europea in
cui dobbiamo credere?”
BUONA SETTIMANA A TUTTI
! MARCO ZACCHERA |
Sono nato a Verbania, sul Lago Maggiore, in una famiglia che da secoli ha le sue radici all’Isola dei Pescatori che è quindi da sempre la mia prima piccola patria.
Quando dopo qualche anno di università la Patria si è ricordata di me - allora la naja era obbligatoria – anziché mandarmi tra i paracadutisti - come speravo- mi ha spedito a Pontebba (Udine), a fare l’artigliere da montagna con il mulo al seguito. Pazienza, da allora ho portato la penna sul cappello (e sono con piacere socio dell’ANA) anziché il basco amaranto.
Quasi alla fine del servizio militare (ed era la prima volta che andavo a votare) mi sono candidato al consiglio comunale della mia città, mi hanno subito eletto e di lì ho cominciato la carriera, cresciuta – è il caso di dire – dalla gavetta: dal comune alla provincia, al consiglio regionale del Piemonte nel 1990. In quegli anni essere di Destra significava lavorare seriamente ma essere emarginati, ritrovandosi spesso da soli in un ruolo di dura quanto difficile opposizione, ma è proprio in quel periodo che ho maturato esperienza e rafforzato le mie scelte per costruire una politica che - allora come oggi - intendevo e intendo trasparente, impegnata e concreta. Amavo ed amo stare in mezzo alle persone, discutere con loro, vivere i loro problemi.
Nel ’94 la mia prima candidatura al Parlamento sostenuta e vinta con l'aiuto di oltre 110.000 piemontesi che mi hanno voluto a Montecitorio, unico eletto di Alleanza Nazionale in tutta la circoscrizione del Piemonte 2. La mia circoscrizione elettorale era composta da ben 7 province ma non ho mai mancato ad un appuntamento, ad un incontro.
Subito dopo l’elezione alla Camera Gianfranco Fini mi ha chiamato ad impegnarmi come dirigente nazionale di partito e sono stato così l’ultimo responsabile del dipartimento Organizzazione del MSI-DN prima della fondazione di Alleanza Nazionale e vi ricordate forse il famoso congresso a Fiuggi – quando è stata fondata AN - che ho organizzato proprio io come segretario generale del congresso.
Mi hanno poi rieletto alla Camera nel 1996 e nel 2001 nel collegio uninominale di Verbania-Domodossola, dove AN e la allora "Casa delle Libertà" hanno quasi sempre conquistato la più alta percentuale regionale. Sono stati gli anni più belli perchè con l'elezione diretta a deputato ero in rapporto diretto con i miei elettori che cercavo quindi di rappresentare bene ogni giorno.
Il mio collegio elettorale era terra di montagna e di laghi, ma non c'è un paese, una frazione e forse anche solo un gruppo di case dove io non sia passato, magari organizzando anche un incontro, un dibattito, una conferenza stando vicino ai problemi della "mia" gente soprattutto quando vi erano momenti di maggiore difficoltà. Organizzavo i miei "Rapporto agli elettori" nelle piazze o nelle palestre, nei saloni dei ristoranti o in quelli parrocchiali e cercavo sempre soprattutto di spiegare con parole semplici cosa succedeva a Roma e perché tante cose non si riuscivano a risolvere, così come per anni ed anni alla TV locale ogni settimana la mia rubrica "Onorevole, permette?" era aperta a tutti.
In quegli anni ho diretto l dipartimento Enti Locali di AN e, dal 2002, sono stato - fino alla fine della storia di Alleanza Nazionale - il responsabile del dipartimento Esteri in contatto (anche perché facevo parte della Commissione Esteri) non solo con moltissime figure politiche mondiali ma soprattutto con gli italiani che vivono nel mondo.
Dal 2001 fino al 2012 sono stato componente e anche presidente per cinque anni della delegazione Italiana alla UEO (Unione Europea Occidentale) che si occupava di difesa e sicurezza europea e sono stato membro del Consiglio d’Europa a Strasburgo.
Nel 2005 mi sono nuovamente laureato, questa volta in "Storia delle Civiltà" e sempre a pieni voti con una tesi sui rapporti nel campo della sicurezza tra Unione Europea ed USA dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Nel 2006 e nel 2008 sono stato rieletto deputato per un totale di cinque legislature e 18 anni passati a Montecitorio.
Leggendo qualcuno penserà ad esagerazioni ed invece no: lavorando seriamente si può fare tutto questo senza molti problemi (senza autista o auto blu!) e sono sempre rimasto stupito come nelle statistiche risultassi uno dei deputati più attivi per interventi o iniziative parlamentari perché davvero non mi sembrava di esagerare, ma solo – appunto – di impegnarmi seriamente visto d'altronde lo stipendio che ci davano e che imponeva impegno e responsabilità.
Come ho scritto in uno dei miei libri, "STAFFETTE", che ho dedicato ai giovani di oggi (e che vi invito a leggere perché racconta un po’ tutto di me e della politica di questi anni) non ho mai amato l’apparato del potere, i lussi inutili, gli sprechi di quel mondo falso e senza onore che sta da tempo distruggendo l’anima della gente e la natura intorno a noi. Concetti che riprendo anche in "INVERNA", un nuovo titolo uscito nell’autunno 2012.
Nella mia vita ho avuto la fortuna di viaggiare (per ora) in 139 paesi del mondo ma una svolta importante nella mia vita è venuta nel 1980 quando ho iniziato a lavorare in Africa sul Lago Turkana, in un villaggio di poveri pescatori insegnando loro a pescare. Da allora mi sono reso conto che i problemi non sono mai solo personali, ma anche di tutta l’umanità e che dobbiamo essere comunque grati e contenti verso il "Grande Capo" per tutto quello che abbiamo e che troppe volte diamo per scontato.
Per dare una risposta concreta ho così fondato i VERBANIA CENTER che operano dal Kenya al Mozambico, dal Burundi al Sud America e che oggi sono organizzati in un "Fondo" all'interno della Fondazione Comunitaria del VCO. In oltre 40 anni abbiamo realizzato più di 100 iniziative di sviluppo sociale ed investito oltre 700.000 euro.
Dal Darfur all’Afghanistan, dal Burundi a Timor Est, dal Corno d’Africa al conflitto Mediorientale ho anche visto e vissuto direttamente anche i drammi di tante guerre dimenticate,così come la realtà di tantissimi italiani all’estero che meriterebbero ben più attenzione e rispetto e che invece troppe volte in patria non sono assolutamente considerati.
Credo che si debba essere sempre delle persone semplici: il titolo di onorevole o quello di commendatore non mi sono mai piaciuti, non per niente i miei genitori mi hanno chiamato Marco, il che suona molto meglio e se non mi conoscete di persona ed avrete occasione di contattarmi per favore chiamatemi così.
Qualcuno dice che sono stato un deputato e un politico anomalo... non so, io so soltanto che di dentro mi sento davvero sempre il ragazzo di una volta, quello che parlava al megafono tra le urla (o peggio) nelle assemblee studentesche oppure che prendeva la parola solo contro tutti in consiglio comunale e vorrei ancora essere capace di cambiare sul serio, in meglio, questa Italia che amo e la nostra società dove ci sono ancora tante, troppe ingiustizie.
Anno dopo anno, però, ho scoperto che non sono le ideologie a fare le differenze, ma la qualità delle persone e ne ho trovate di valide e corrette in ogni formazione politica.
E' stata una grande avventura, un onore ed un orgoglio e nel 2012 - anche se avrei potuto rinviare questa scelta - ho anche volontariamente lasciato Montecitorio per svolgere questo incarico a tempo pieno. Per quattro anni ho dato tutto me stesso per la mia città, senza orari né limiti, cercando (gratis) di aiutare e di ascoltare sempre tutti con il massimo impegno possibile. Certo non ho mai fatto discriminazioni di alcun tipo e mi spiace che a volte qualche avversario (ma soprattutto qualche collega di centro-destra) non abbia capito che amministrare una città significa andare ben al di sopra delle opinioni politiche.
Nel 2013 ho scelto di dimettermi da sindaco perchè la mia maggioranza (come il centro-destra a livello nazionale) si era divisa, ma soprattutto sono stato spinto a farlo – e ne ho poi avuto conferma dalle indagini giudiziarie – perché alcune persone a me vicine avevano tramato contro di me diffondendo maldicenze e assurdità: una pagina brutta, una grande sofferenza e delusione che mi ha ferito profondamente.
La “Giustizia” degli uomini mi ha dato completamente ragione ma mi è rimasto il peso di essere stato costretto a lasciare un incarico al quale tenevo, dove ci mettevo il cuore senza risparmiarmi. Ci tenevo perché mi avevano eletto quei miei concittadini che, a larga maggioranza, mi conoscevano di persona e avevano avuto fiducia in me , passano gli anni ma e' una ferita che non si e' rimarginata.
Ho così concluso la mia carriera elettiva ma ho continuato nei miei impegni perché ci sono infinite cose da fare.