IL PUNTO n. 903 del 31 marzo 2023
di MARCO
ZACCHERA
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arretrati de IL PUNTO e altre news: www.marcozacchera.it
SOMMARIO: IN SALITA - EUROPA
BLOCCATA – LA GODURIA – DUE RICORDI - STORIA IN TV
LA SALITA
Giorno per
giorno la strada per Giorgia Meloni si fa sempre più in salita nonostante
l'evidente impegno e le obiettive capacità della premier, una positiva sorpresa
rispetto alla vigilia elettorale.
Superata di
slancio la temuta crisi economica di autunno e la crisi energetica, nonostante
l'ovvia antipatia mediatica di gran parte dell'informazione nostrana ed estera,
pur con una sostanziale unità dell'esecutivo si nota però che nodi da anni
irrisolti vengono al pettine, soffocano e non sarà facile scioglierli.
Sullo
sfondo c'è poi un sempre più chiaro boicottaggio europeo che su tutto
(migranti, energia verde, tempi PNRR, spiagge, posizioni su famiglia, gender ed
affini, biodisel, alimenti sintetici ecc.) si mette regolarmente di traverso
perchè la maggioranza di centrosinistra a Bruxelles "vuole"
danneggiarci visto che siamo un paese dove i cittadini hanno chiaramente
indicato una maggioranza politica difforme da loro.
E' uno dei
motivi perchè l'Italia deve tener duro su tutto almeno fino al voto del 2024 a
cominciare dal MES, unica arma di pressione che abbiamo e - forse -
cominciando a minacciare di differenziarsi anche in politica estera
(condizionando la fornitura di armi all' Ucraina ad un credibile piano di pace)
perchè se l'Europa ci danneggia è forse ora di cominciare a distinguerci in
questo campo scoprendo, credo, che diversi paesi ci verrebbero dietro.
Oltretutto c'è poi il nostro commmissario europeo Gentiloni (espressione PD)
che non si capisce da che parte sta: lavora per l'Italia o per il
"nemico"?
UN’EUROPA
INCARTATA (O INCATENATA?)
Quando ci si allontana anche
solo per qualche giorno dall’Europa si ha la possibilità di guardare le cose
con maggiore distacco e dare un’occhiata al nostro vecchio continente magari
con affetto, ma anche con maggiore obiettività.
Se passate per Dubai e con
il pensiero andate a quanto succede a Bruxelles non potete che fare confronti
purtroppo sconsolanti. L’Europa si è incartata, incantata o incatenata: fate
voi, il risultato è che come continente siamo
drammaticamente fermi davanti ai cambiamenti del mondo
e mentre gli altri corrono purtroppo noi europei non ce ne rendiamo conto.
Dubai è oggi quello che
duemila anni fa poteva essere Roma, ovvero il centro del potere, una città
sviluppatasi in pochi decenni e che solo trent’anni fa era un deserto di
sabbia. Dubai ancor più di Londra o New York perché è qui – allargando lo
sguardo altri Emirati del Golfo e alla penisola arabica - il nuovo
centro propulsore dove si incontrano etnie e razze, lingue ed economie e dove
si costruisce più velocemente il futuro, in un derby serrato con il sud-est
asiatico e la Cina. Non è solo la questione del petrolio, ma dell’uso politico
e finanziario che si è fatto di questa risorsa.
In Arabia Saudita stanno
costruendo (sarà ultimata entro il 2025) una città del futuro, Neom, lunga 250
chilometri sulla costa del Mar Rosso. Sarà - secondo i progettisti - del tutto
autosufficiente per gli iniziali 400.000 abitanti dal punto di vista
energetico, senza auto e ecologicamente perfetta. In quanti lo sanno in Italia?
Quanti hanno capito che se
c’è accordo tra Arabia Saudita ed Iran, ovvero tra sciiti e sunniti -
addirittura sotto la regia cinese - per l’Europa vuol dire essere tagliati
fuori?
Intanto che a Bruxelles si
discute di immigrazione, sanzioni e biodiesel a Dubai si incrociano famiglie
russe che vanno e che vengono perché i voli bloccati in Europa verso l’ex
impero sovietico – qualcuno ci ha pensato? - passano adesso tutti di qui (e per
Istanbul). Insieme ai tanti russi che non sembrano minimamente preoccupati
dalle sanzioni sciamano cinesi e indiani, americani e (pochi) europei. Il Golfo
Persico è strategicamente diventato centrale perché è a poche ore dall’Europa,
dall’Africa, dai grandi mercati asiatici. I prezzi sono accessibili e la
qualità della vita ad alto livello, almeno per i cittadini emiratini.
Certamente tutto è basato
anche sullo sfruttamento di milioni di immigrati dal subcontinente indiano e
dal Nord Africa ma che comunque qui stanno molto meglio che a casa loro. Una
forza-lavoro immane e a basso costo, schiavi moderni copia-conforme di quelli
che duemila anni fa puntellavano l’economia romana, solo che questi vi arrivano
per scelta, sia pur di necessità.
La discriminazione è
visibile, a volte insolente, ma così va il mondo e se per noi europei è bello
pensare di essere invece “diversi” e più “politicamente corretti” va notato che
qui non ci sono centri di immigrazione rigurgitanti di disperati, nè
immigrazione clandestina perché si arriva solo con il passaporto ed un
contratto di lavoro, però le porte sono aperte per tutti.
L’Europa è lassù ad
accapigliarsi sulle questioni energetiche, le sanzioni e la guerra in Ucraina
(che da queste parti non interessa a nessuno) mentre qui siamo già al “post
petrolio” fatto di solare, ma anche all’acqua desalinizzata e riciclata a
volontà che irriga il deserto (ma il mare non ce l’abbiamo anche noi?) e
trasforma la città in un giardino tra mille palazzi e la siluette del Burj
Khalifa che - con i suoi 828 metri - è ancora, per ora, il grattacielo più alto
del mondo.
Ma colpiscono soprattutto i
centri commerciali con una babele incredibile di umanità.
C’è di tutto, con i muezzin
che (registrati) chiamano alle preghiere del Ramadan anche se incontri sempre
meno donne velate in un mix di società laica e religiosa, sicuramente
tollerante non fosse perché indù indiani, cristiani filippini e musulmani
sciiti e sunniti devono pur convivere.
La città è immacolata e
sicura: non una carta per terra, un’aiuola fuori posto, un buco
nell’asfalto anche nell’estrema
periferia tra svincoli
autostradali e monorotaie
sopraelevate. Un paragone
con Roma e Milano è decisamente imbarazzante.
Per
due secoli l’Europa aveva
esportato colonialismo ma anche
illuminismo e bagliori di democrazia, ma oggi è quasi assente ed
anche i marchi più prestigiosi, dalla moda alle auto, hanno proprietà e cuori
asiatici.
Siamo piccoli, contiamo
sempre di meno eppure non vogliamo crederlo, pensiamo di essere l’ombelico del
mondo e non lo siamo più, sovrastati e incalzati da un’Asia ben più numerosa,
potente, giovane. Forse dovremmo rifletterci un po' di più e smetterla di
considerarci i primi della classe: non serve e soprattutto non è vero.
In realtà questa
diventerebbe una riflessione pericolosa perché allora potremmo essere tentati
dal pensare che solo con un rinnovato rapporto con la Russia potremmo tornare
protagonisti per materie prime, superficie, possibilità di sviluppo mentre il
rapporto con gli USA, altra grande potenza in obiettivo declino, sembra più
guardare verso il passato. Passato importante, struggente, sicuramente positivo
ma che sullo scacchiere mondiale conta sempre di meno. Tra l’altro un rapporto
da sempre squilibrato, ma che adesso ci sta dissanguando sempre di più. Utile
un viaggio a Dubai, vedere per credere.
LA GODURIA
"Quanto mi fa godere la
Cassazione francese...". Questo il commento su Facebook di Enrico Galmozzi, fondatore
delle Brigate combattenti di Prima Linea, alla decisione dei giudici di Parigi
di confermare il rifiuto all'estradizione dei 10 ex brigatisti assassini degli
anni di piombo in Italia. Galmozzi è stato condannato per gli omicidi
dell'avvocato Enrico
Pedenovi e del poliziotto Giuseppe Ciotta. Conoscevo personalmente
Enrico Pedenovi, consigliere provinciale del MSI-DN a Milano, persona mite e
per bene, mai coinvolta in situazioni violente. Ucciso “per dare un esempio” da
gente che non si è mai pentita, vigliacca e coperta nella loro latitanza dorata
da una nazione europea che dovrebbe vergognarsi per questo modo d’agire dei
suoi “giudici”.
Se in Italia fossero stati
arrestati gli autori di stragi terroristiche sul suolo francese, la Francia non
ne pretenderebbe forse l’estradizione? Anche perché è doloroso prendere poi
atto delle motivazione dei giudici francesi “Dopo tanti anni – sostengono –
estradarli ora in Italia sarebbe ledere il loro essersi integrati
professionalmente e socialmente, violando in modo sproporzionato il diritto al
rispetto della loro vita privata e famigliare”. Giudici vergognosi: andate a
raccontare di questi “diritti” ai parenti delle vittime...
DUE RICORDI
Due ricordi per persone
speciali che ci hanno lasciato nei giorni scorsi.
Il primo è per il dott. Michele Ricci di
Verbania, mio amico da sempre (e fedele lettore de IL PUNTO) che per decenni si
è impegnato silenziosamente in tanti Enti e fondazioni cittadine dando un
contributo importante - quanto riservato - nell’ aiuto al prossimo e
particolarmente agli anziani in difficolta. Il secondo è per Gianfranco Falzoni,
l'uomo che con il suo impegno e la sua opera di sensibilizzazione nei confronti
del mondo culturale e politico ha salvato – mobilitando poi tanti altri - la Reggia
di Venaria (Torino), uno dei complessi monumentali oggi più frequentati
d'Italia che era finito in uno stato di totale abbandono e degrado. Il
“miracolo” di Venaria è l’aver visto lavorare insieme, per anni, enti ed
amministrazioni di diverso ed opposto colore politico restituendo così al mondo
questa memoria storica di grande valore architettonico e culturale. In modo
diverso, un “grazie” ad entrambi per quanto sono stati capaci di realizzare
nella loro vita mettendosi entrambi al servizio di tutti.
STORIA IN
TV
RICORDO CHE SU
TELEVCO-AZZURRA TV VANNO IN ONDA OGNI SETTIMANA LE MIE CHIACCHIERATE DI STORIA
LOCALE. CANALI 17 E 617 (Piemonte) OPPURE SU STREAMING. Gli appuntamenti sono il
SABATO alle ore 13.30 e - in replica - la DOMENICA alle ore 18.00
UN SALUTO E BUONA SETTIMANA A TUTTI
MARCO ZACCHERA



Sono nato a Verbania, sul Lago Maggiore, in una famiglia che da secoli ha le sue radici all’Isola dei Pescatori che è quindi da sempre la mia prima piccola patria.


Quando dopo qualche anno di università la Patria si è ricordata di me - allora la naja era obbligatoria – anziché mandarmi tra i paracadutisti - come speravo- mi ha spedito a Pontebba (Udine), a fare l’artigliere da montagna con il mulo al seguito. Pazienza, da allora ho portato la penna sul cappello (e sono con piacere socio dell’ANA) anziché il basco amaranto.
Quasi alla fine del servizio militare (ed era la prima volta che andavo a votare) mi sono candidato al consiglio comunale della mia città, mi hanno subito eletto e di lì ho cominciato la carriera, cresciuta – è il caso di dire – dalla gavetta: dal comune alla provincia, al consiglio regionale del Piemonte nel 1990. In quegli anni essere di Destra significava lavorare seriamente ma essere emarginati, ritrovandosi spesso da soli in un ruolo di dura quanto difficile opposizione, ma è proprio in quel periodo che ho maturato esperienza e rafforzato le mie scelte per costruire una politica che - allora come oggi - intendevo e intendo trasparente, impegnata e concreta. Amavo ed amo stare in mezzo alle persone, discutere con loro, vivere i loro problemi.
Nel ’94 la mia prima candidatura al Parlamento sostenuta e vinta con l'aiuto di oltre 110.000 piemontesi che mi hanno voluto a Montecitorio, unico eletto di Alleanza Nazionale in tutta la circoscrizione del Piemonte 2. La mia circoscrizione elettorale era composta da ben 7 province ma non ho mai mancato ad un appuntamento, ad un incontro.
Subito dopo l’elezione alla Camera Gianfranco Fini mi ha chiamato ad impegnarmi come dirigente nazionale di partito e sono stato così l’ultimo responsabile del dipartimento Organizzazione del MSI-DN prima della fondazione di Alleanza Nazionale e vi ricordate forse il famoso congresso a Fiuggi – quando è stata fondata AN - che ho organizzato proprio io come segretario generale del congresso.
Mi hanno poi rieletto alla Camera nel 1996 e nel 2001 nel collegio uninominale di Verbania-Domodossola, dove AN e la allora "Casa delle Libertà" hanno quasi sempre conquistato la più alta percentuale regionale. Sono stati gli anni più belli perchè con l'elezione diretta a deputato ero in rapporto diretto con i miei elettori che cercavo quindi di rappresentare bene ogni giorno.
Il mio collegio elettorale era terra di montagna e di laghi, ma non c'è un paese, una frazione e forse anche solo un gruppo di case dove io non sia passato, magari organizzando anche un incontro, un dibattito, una conferenza stando vicino ai problemi della "mia" gente soprattutto quando vi erano momenti di maggiore difficoltà. Organizzavo i miei "Rapporto agli elettori" nelle piazze o nelle palestre, nei saloni dei ristoranti o in quelli parrocchiali e cercavo sempre soprattutto di spiegare con parole semplici cosa succedeva a Roma e perché tante cose non si riuscivano a risolvere, così come per anni ed anni alla TV locale ogni settimana la mia rubrica "Onorevole, permette?" era aperta a tutti.
In quegli anni ho diretto l dipartimento Enti Locali di AN e, dal 2002, sono stato - fino alla fine della storia di Alleanza Nazionale - il responsabile del dipartimento Esteri in contatto (anche perché facevo parte della Commissione Esteri) non solo con moltissime figure politiche mondiali ma soprattutto con gli italiani che vivono nel mondo.
Dal 2001 fino al 2012 sono stato componente e anche presidente per cinque anni della delegazione Italiana alla UEO (Unione Europea Occidentale) che si occupava di difesa e sicurezza europea e sono stato membro del Consiglio d’Europa a Strasburgo.
Nel 2005 mi sono nuovamente laureato, questa volta in "Storia delle Civiltà" e sempre a pieni voti con una tesi sui rapporti nel campo della sicurezza tra Unione Europea ed USA dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Nel 2006 e nel 2008 sono stato rieletto deputato per un totale di cinque legislature e 18 anni passati a Montecitorio.
Leggendo qualcuno penserà ad esagerazioni ed invece no: lavorando seriamente si può fare tutto questo senza molti problemi (senza autista o auto blu!) e sono sempre rimasto stupito come nelle statistiche risultassi uno dei deputati più attivi per interventi o iniziative parlamentari perché davvero non mi sembrava di esagerare, ma solo – appunto – di impegnarmi seriamente visto d'altronde lo stipendio che ci davano e che imponeva impegno e responsabilità.
Come ho scritto in uno dei miei libri, "STAFFETTE", che ho dedicato ai giovani di oggi (e che vi invito a leggere perché racconta un po’ tutto di me e della politica di questi anni) non ho mai amato l’apparato del potere, i lussi inutili, gli sprechi di quel mondo falso e senza onore che sta da tempo distruggendo l’anima della gente e la natura intorno a noi. Concetti che riprendo anche in "INVERNA", un nuovo titolo uscito nell’autunno 2012.
Nella mia vita ho avuto la fortuna di viaggiare (per ora) in 139 paesi del mondo ma una svolta importante nella mia vita è venuta nel 1980 quando ho iniziato a lavorare in Africa sul Lago Turkana, in un villaggio di poveri pescatori insegnando loro a pescare. Da allora mi sono reso conto che i problemi non sono mai solo personali, ma anche di tutta l’umanità e che dobbiamo essere comunque grati e contenti verso il "Grande Capo" per tutto quello che abbiamo e che troppe volte diamo per scontato.
Per dare una risposta concreta ho così fondato i VERBANIA CENTER che operano dal Kenya al Mozambico, dal Burundi al Sud America e che oggi sono organizzati in un "Fondo" all'interno della Fondazione Comunitaria del VCO. In oltre 40 anni abbiamo realizzato più di 100 iniziative di sviluppo sociale ed investito oltre 700.000 euro.
Dal Darfur all’Afghanistan, dal Burundi a Timor Est, dal Corno d’Africa al conflitto Mediorientale ho anche visto e vissuto direttamente anche i drammi di tante guerre dimenticate,così come la realtà di tantissimi italiani all’estero che meriterebbero ben più attenzione e rispetto e che invece troppe volte in patria non sono assolutamente considerati.
Credo che si debba essere sempre delle persone semplici: il titolo di onorevole o quello di commendatore non mi sono mai piaciuti, non per niente i miei genitori mi hanno chiamato Marco, il che suona molto meglio e se non mi conoscete di persona ed avrete occasione di contattarmi per favore chiamatemi così.
Qualcuno dice che sono stato un deputato e un politico anomalo... non so, io so soltanto che di dentro mi sento davvero sempre il ragazzo di una volta, quello che parlava al megafono tra le urla (o peggio) nelle assemblee studentesche oppure che prendeva la parola solo contro tutti in consiglio comunale e vorrei ancora essere capace di cambiare sul serio, in meglio, questa Italia che amo e la nostra società dove ci sono ancora tante, troppe ingiustizie.
Anno dopo anno, però, ho scoperto che non sono le ideologie a fare le differenze, ma la qualità delle persone e ne ho trovate di valide e corrette in ogni formazione politica.
E' stata una grande avventura, un onore ed un orgoglio e nel 2012 - anche se avrei potuto rinviare questa scelta - ho anche volontariamente lasciato Montecitorio per svolgere questo incarico a tempo pieno. Per quattro anni ho dato tutto me stesso per la mia città, senza orari né limiti, cercando (gratis) di aiutare e di ascoltare sempre tutti con il massimo impegno possibile. Certo non ho mai fatto discriminazioni di alcun tipo e mi spiace che a volte qualche avversario (ma soprattutto qualche collega di centro-destra) non abbia capito che amministrare una città significa andare ben al di sopra delle opinioni politiche.
Nel 2013 ho scelto di dimettermi da sindaco perchè la mia maggioranza (come il centro-destra a livello nazionale) si era divisa, ma soprattutto sono stato spinto a farlo – e ne ho poi avuto conferma dalle indagini giudiziarie – perché alcune persone a me vicine avevano tramato contro di me diffondendo maldicenze e assurdità: una pagina brutta, una grande sofferenza e delusione che mi ha ferito profondamente.
La “Giustizia” degli uomini mi ha dato completamente ragione ma mi è rimasto il peso di essere stato costretto a lasciare un incarico al quale tenevo, dove ci mettevo il cuore senza risparmiarmi. Ci tenevo perché mi avevano eletto quei miei concittadini che, a larga maggioranza, mi conoscevano di persona e avevano avuto fiducia in me , passano gli anni ma e' una ferita che non si e' rimarginata.
Ho così concluso la mia carriera elettiva ma ho continuato nei miei impegni perché ci sono infinite cose da fare.


