IL PUNTO n. 1020 DEL 31 OTTOBRE 2025
di MARCO
ZACCHERA
Per
scrivermi o contattarmi: marco.zacchera@libero.it
Numeri
arretrati sul mio sito www.marcozacchera.it
UNA LUNGA
(BELLA) STORIA
Questo
numero de IL PUNTO è diverso dal consueto e l’ho scritto già diversi giorni fa,
prima della mia partenza. In questi giorni sono infatti lontano dall’Italia e
voglio spiegarvi il perché
…………………………
Qualche
lettore forse ricorda che dal 1981 ho fondato e mi occupo dei Verbania Center
che, con l’aiuto di molte persone, cercano di dare una mano concreta in diverse
parti del mondo, dall’Africa al Myanmar, dal Sudamerica al Mozambico. Come di
consueto a fine novembre manderò il solito report annuale di quanto è stato
realizzato quest’anno.
Questa
volta, però, il viaggio che sto svolgendo in Sudamerica è diverso dagli altri
perché sto andando a trovare Pacho,
un amico vero e con il quale sono in contatto da oltre 40 anni.
Lo conobbi
a Loyangallany, in una sperduta missione cattolica nell’estremo nord del Kenya
sulle rive del grande lago Turkana, dove cercavo con molte difficoltà di
insegnare a pescare ad una tribù locale, quella gli Ol Molo (che in samburu
significa “poveri diavoli senza vacche”) concretamente fedele al motto che -
anzichè regalare un pesce - è molto meglio insegnare a pescarlo.
Andavo a
Loyangallany quasi ogni anno e Pacho era il viceparroco della comunità,
giovanissimo missionario della “Consolata” spedito dai suoi superiori
direttamente da Roma a fare esperienza sul campo in quel luogo così difficile e
lontano. A 650 chilometri da Nairobi, Loyangallany era (ed è) una piccola oasi
in mezzo a un deserto che finisce nel lago, dove di giorno e di notte la
temperatura è sempre opprimente e pazzesca. Ci si arriva dopo due giorni di
viaggio in fuoristrada o in aereo, ma solo in caso di emergenza, atterrando su
una pista approssimata.
Ci
conoscemmo a fondo durante quelle lunghe serate africane chiacchierando sotto
quel cielo sempre limpido e pieno di stelle, così diverse e luminose dalle
nostre. Iniziò così la nostra lunga amicizia riconoscendo che già da allora
Pacho aveva una profondità e serenità unica nell’affrontare i problemi della
modernità del mondo e dei necessari cambiamenti della Chiesa, pur ancorandosi
sempre e senza deflettere ai più solidi principi della Fede. “Cresceremo
insieme” ci dicevamo scherzando fra noi e fu davvero un po' così: io nella
politica lui nella sua missione pastorale avviando poi insieme anche diversi
progetti in Kenya e in Colombia.
Fu infatti
poi richiamato in Italia - parla un italiano perfetto - e inviato in Sudamerica
(lui è colombiano) per incarichi sempre più importanti finché, l’11 febbraio
1999, fu consacrato vescovo nella antica cattedrale di Santa Fe di Bogotà.
Ricordo una
cerimonia lunghissima e solenne – presieduta dal cardinale Tomko - in quella enorme
chiesa barocca un po' buia, tra canti e preghiere in latino, spagnolo e in vari
dialetti indigeni. La comunità di Pallanza – dove lui è venuto diverse volte –
gli donò per l’occasione la mitra con il simbolo dell’imminente giubileo del
2000 e lui volle indossarla proprio quel giorno. Ero venuto apposta dall’Italia
per salutarlo e furono davvero giorni intensi.
Lo
mandarono subito a guidare una sperduta, nuova diocesi del Rio delle Amazzoni a
San Vicente de Caguan tra fiumi e foreste, dove il vescovo lo fai a dorso di
mulo e soprattutto in barca. La guerriglia, per festeggiare il suo arrivo, rapì
tutti i chierici del seminario liberandoli solo diversi giorni dopo, tanto per
far capire chi comandava da quelle parti.
Eppure
Pacho (che ormai era per tutti mons. Francisco
Javier Munera) seppe farsi apprezzare anche come fine
diplomatico, tanto che il territorio della sua diocesi divenne presto una zona
smilitarizzata dove cominciarono le trattative tra governo colombiano e le FARC
che si conclusero nel 2001 con il disarmo consensuale della guerriglia.
Dal 2021
mons. Munera è poi stato nominato arcivescovo di Cartagena de Indias, la
cattedrale primaziale della Colombia, e Pacho è anche diventato l’anno scorso
fino al 2027 presidente della Conferenza Episcopale colombiana.
Certo non è
più quel ragazzo magro con i capelli neri ed ispidi, anche lui si avvicina
ormai ai 70 anni, ha la barba quasi tutta bianca e porta con discrezione la
croce episcopale, ma per me (e per chi lo ha conosciuto in Kenya) è e resterà
sempre “Pacho”.
Credo che
questa volta svilupperemo un progetto di assistenza per i ragazzi di strada di
quella città già avviato qualche tempo fa, ma questo potrò raccontarvelo la
prossima volta. Per intanto scusatemi se mancherò per un venerdì a commentare
le cronache, ma sono convinto che avrete capito il perché condividendo che
2queste" sono le cose davvero importanti.
Vi saluterò
Pacho: anche lui riceve Il Punto, ma credo che raramente abbia il tempo di
leggerlo!
Un saluto a
tutti,
Marco



Sono nato a Verbania, sul Lago Maggiore, in una famiglia che da secoli ha le sue radici all’Isola dei Pescatori che è quindi da sempre la mia prima piccola patria.
Quando dopo qualche anno di università la Patria si è ricordata di me - allora la naja era obbligatoria – anziché mandarmi tra i paracadutisti - come speravo- mi ha spedito a Pontebba (Udine), a fare l’artigliere da montagna con il mulo al seguito. Pazienza, da allora ho portato la penna sul cappello (e sono con piacere socio dell’ANA) anziché il basco amaranto.
Quasi alla fine del servizio militare (ed era la prima volta che andavo a votare) mi sono candidato al consiglio comunale della mia città, mi hanno subito eletto e di lì ho cominciato la carriera, cresciuta – è il caso di dire – dalla gavetta: dal comune alla provincia, al consiglio regionale del Piemonte nel 1990. In quegli anni essere di Destra significava lavorare seriamente ma essere emarginati, ritrovandosi spesso da soli in un ruolo di dura quanto difficile opposizione, ma è proprio in quel periodo che ho maturato esperienza e rafforzato le mie scelte per costruire una politica che - allora come oggi - intendevo e intendo trasparente, impegnata e concreta. Amavo ed amo stare in mezzo alle persone, discutere con loro, vivere i loro problemi.
Nel ’94 la mia prima candidatura al Parlamento sostenuta e vinta con l'aiuto di oltre 110.000 piemontesi che mi hanno voluto a Montecitorio, unico eletto di Alleanza Nazionale in tutta la circoscrizione del Piemonte 2. La mia circoscrizione elettorale era composta da ben 7 province ma non ho mai mancato ad un appuntamento, ad un incontro.
Subito dopo l’elezione alla Camera Gianfranco Fini mi ha chiamato ad impegnarmi come dirigente nazionale di partito e sono stato così l’ultimo responsabile del dipartimento Organizzazione del MSI-DN prima della fondazione di Alleanza Nazionale e vi ricordate forse il famoso congresso a Fiuggi – quando è stata fondata AN - che ho organizzato proprio io come segretario generale del congresso.
Mi hanno poi rieletto alla Camera nel 1996 e nel 2001 nel collegio uninominale di Verbania-Domodossola, dove AN e la allora "Casa delle Libertà" hanno quasi sempre conquistato la più alta percentuale regionale. Sono stati gli anni più belli perchè con l'elezione diretta a deputato ero in rapporto diretto con i miei elettori che cercavo quindi di rappresentare bene ogni giorno.
Il mio collegio elettorale era terra di montagna e di laghi, ma non c'è un paese, una frazione e forse anche solo un gruppo di case dove io non sia passato, magari organizzando anche un incontro, un dibattito, una conferenza stando vicino ai problemi della "mia" gente soprattutto quando vi erano momenti di maggiore difficoltà. Organizzavo i miei "Rapporto agli elettori" nelle piazze o nelle palestre, nei saloni dei ristoranti o in quelli parrocchiali e cercavo sempre soprattutto di spiegare con parole semplici cosa succedeva a Roma e perché tante cose non si riuscivano a risolvere, così come per anni ed anni alla TV locale ogni settimana la mia rubrica "Onorevole, permette?" era aperta a tutti.
In quegli anni ho diretto l dipartimento Enti Locali di AN e, dal 2002, sono stato - fino alla fine della storia di Alleanza Nazionale - il responsabile del dipartimento Esteri in contatto (anche perché facevo parte della Commissione Esteri) non solo con moltissime figure politiche mondiali ma soprattutto con gli italiani che vivono nel mondo.
Dal 2001 fino al 2012 sono stato componente e anche presidente per cinque anni della delegazione Italiana alla UEO (Unione Europea Occidentale) che si occupava di difesa e sicurezza europea e sono stato membro del Consiglio d’Europa a Strasburgo.
Nel 2005 mi sono nuovamente laureato, questa volta in "Storia delle Civiltà" e sempre a pieni voti con una tesi sui rapporti nel campo della sicurezza tra Unione Europea ed USA dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Nel 2006 e nel 2008 sono stato rieletto deputato per un totale di cinque legislature e 18 anni passati a Montecitorio.
Leggendo qualcuno penserà ad esagerazioni ed invece no: lavorando seriamente si può fare tutto questo senza molti problemi (senza autista o auto blu!) e sono sempre rimasto stupito come nelle statistiche risultassi uno dei deputati più attivi per interventi o iniziative parlamentari perché davvero non mi sembrava di esagerare, ma solo – appunto – di impegnarmi seriamente visto d'altronde lo stipendio che ci davano e che imponeva impegno e responsabilità.
Come ho scritto in uno dei miei libri, "STAFFETTE", che ho dedicato ai giovani di oggi (e che vi invito a leggere perché racconta un po’ tutto di me e della politica di questi anni) non ho mai amato l’apparato del potere, i lussi inutili, gli sprechi di quel mondo falso e senza onore che sta da tempo distruggendo l’anima della gente e la natura intorno a noi. Concetti che riprendo anche in "INVERNA", un nuovo titolo uscito nell’autunno 2012.
Nella mia vita ho avuto la fortuna di viaggiare (per ora) in 139 paesi del mondo ma una svolta importante nella mia vita è venuta nel 1980 quando ho iniziato a lavorare in Africa sul Lago Turkana, in un villaggio di poveri pescatori insegnando loro a pescare. Da allora mi sono reso conto che i problemi non sono mai solo personali, ma anche di tutta l’umanità e che dobbiamo essere comunque grati e contenti verso il "Grande Capo" per tutto quello che abbiamo e che troppe volte diamo per scontato.
Per dare una risposta concreta ho così fondato i VERBANIA CENTER che operano dal Kenya al Mozambico, dal Burundi al Sud America e che oggi sono organizzati in un "Fondo" all'interno della Fondazione Comunitaria del VCO. In oltre 40 anni abbiamo realizzato più di 100 iniziative di sviluppo sociale ed investito oltre 700.000 euro.
Dal Darfur all’Afghanistan, dal Burundi a Timor Est, dal Corno d’Africa al conflitto Mediorientale ho anche visto e vissuto direttamente anche i drammi di tante guerre dimenticate,così come la realtà di tantissimi italiani all’estero che meriterebbero ben più attenzione e rispetto e che invece troppe volte in patria non sono assolutamente considerati.
Credo che si debba essere sempre delle persone semplici: il titolo di onorevole o quello di commendatore non mi sono mai piaciuti, non per niente i miei genitori mi hanno chiamato Marco, il che suona molto meglio e se non mi conoscete di persona ed avrete occasione di contattarmi per favore chiamatemi così.
Qualcuno dice che sono stato un deputato e un politico anomalo... non so, io so soltanto che di dentro mi sento davvero sempre il ragazzo di una volta, quello che parlava al megafono tra le urla (o peggio) nelle assemblee studentesche oppure che prendeva la parola solo contro tutti in consiglio comunale e vorrei ancora essere capace di cambiare sul serio, in meglio, questa Italia che amo e la nostra società dove ci sono ancora tante, troppe ingiustizie.
Anno dopo anno, però, ho scoperto che non sono le ideologie a fare le differenze, ma la qualità delle persone e ne ho trovate di valide e corrette in ogni formazione politica.
E' stata una grande avventura, un onore ed un orgoglio e nel 2012 - anche se avrei potuto rinviare questa scelta - ho anche volontariamente lasciato Montecitorio per svolgere questo incarico a tempo pieno. Per quattro anni ho dato tutto me stesso per la mia città, senza orari né limiti, cercando (gratis) di aiutare e di ascoltare sempre tutti con il massimo impegno possibile. Certo non ho mai fatto discriminazioni di alcun tipo e mi spiace che a volte qualche avversario (ma soprattutto qualche collega di centro-destra) non abbia capito che amministrare una città significa andare ben al di sopra delle opinioni politiche.
Nel 2013 ho scelto di dimettermi da sindaco perchè la mia maggioranza (come il centro-destra a livello nazionale) si era divisa, ma soprattutto sono stato spinto a farlo – e ne ho poi avuto conferma dalle indagini giudiziarie – perché alcune persone a me vicine avevano tramato contro di me diffondendo maldicenze e assurdità: una pagina brutta, una grande sofferenza e delusione che mi ha ferito profondamente.
La “Giustizia” degli uomini mi ha dato completamente ragione ma mi è rimasto il peso di essere stato costretto a lasciare un incarico al quale tenevo, dove ci mettevo il cuore senza risparmiarmi. Ci tenevo perché mi avevano eletto quei miei concittadini che, a larga maggioranza, mi conoscevano di persona e avevano avuto fiducia in me , passano gli anni ma e' una ferita che non si e' rimarginata.
Ho così concluso la mia carriera elettiva ma ho continuato nei miei impegni perché ci sono infinite cose da fare.