IL PUNTO - ESTATE n. 967 del 6 settembre 2024 di MARCO ZACCHERA Per scrivermi o contattarmi: marco.zacchera@libero.it Numeri arretrati sul mio sito www.marcozacchera.it Sommario: Il controllo dell’informazione e
di ciascuno di noi è fondamentale per chi gestisce il potere economico e
politico ai vertici del mondo. In Italia c’è una disinformazione generale su
molte questioni, mentre negli USA la Harris è già acclamata vincitrice
creando orgasmi alla premiata ditta Schlein & C. (e media
fiancheggiatori), ma forse è presto per festeggiare. Sul piano interno credo
che il fatto più significativo sia la ricongiunzione del centro sinistra nel
“campo largo”: attenta la destra che rischia di lasciarci le penne, perché in
passato chi riesce ad unirsi vince e chi litiga perde. Intanto, a proposito
di immigrati… LA PRESIDENTE DELLA GIOIA Se fossi americano voterei
repubblicano, ma Trump non mi piace né come candidato né
come persona. Spero che vinca per la mediocrità dell’avversaria e alla faccia
di quasi tutti i media italiani diventati lecca-lecca della Harris
senza rendersi conto che è una mediocre banderuola che ha cambiato le sue
opinioni di fondo solo per ragioni elettorali. Considerata fino a poche
settimane fa impreparata e un totale fallimento politico improvvisamente è
diventata una superstar e viene definita “La presidente della gioia”. Ma possibile che il capo
del mondo debba essere scelto da una lobby che in pochi giorni cambia
candidato, compra i mass-media, trasforma le cose e può riconfigurare le
elezioni con una disinvoltura che nulla ha di democratico? La lobby democratica degli
Obama, dei Clinton e dell’ottuagenaria Pelosi
avevano bisogno di avere una possibilità di vittoria e soprattutto di
continuare a gestire il potere per procura, così come è stato con lo spento Biden
in questi anni. Bisognava rassicurare
l’industria degli armamenti, per esempio, ma anche quella delle commesse
garantite, dell’incalcolabile stuolo di faccendieri (ufficialmente
“lobbisti”) che avevano ed hanno un assoluto bisogno di continuità per non
essere sopraffatti dalla nuova ondata dello spoils system se vincessero Trump
ed i repubblicani. Naturalmente meglio sorvolare sul fatto che la coppia
Harris/Walz è la scelta più politicamente a sinistra degli ultimi decenni, ma
che improvvisamente adesso viene riconfigurata quasi a destra con un
programma opposto pur di riconquistare voti bianchi di centro. Eppure è stata acclamata
alla convention democratica all’unanimità da delegati che erano stati eletti
per incoronare Biden, un presidente che in 40 giorni è passato dall’essere il
candidato-unico a un candidato-sepolto. I media si sono subito schierati in
massa (soprattutto all’estero) coprendo di lodi la scelta del gotha
democratico. Non una sola voce dissenziente alla candidatura (roba da
congresso del Partito Comunista Cinese), nessuna voce critica, nessuna
protesta. Quelle, semmai, stavano
fuori la sala protestando per Gaza e cento altri questioni, ma sono state
tenute bene alla larga dal palacongressi, silenziate dai media e da robusti
cordoni di poliziotti. A ripensarci è comunque
davvero strano: non si volevano tafferugli che disturbassero l’immagine e la
festa democratica ed infatti di scontri non ce ne sono stati, evitando un
pericoloso avvicinamento al palazzo della Convention da parte degli stessi
dimostranti. Com’è mai stato possibile allora che il 6 gennaio del 2021 un
numero molto meno numeroso di variopinti ed annunciati contestatori pro-Trump
abbiano potuto violare addirittura il Campidoglio di Washington, sguarnito di
ogni difesa? Evidentemente anche quella era una volontà politica per
strumentalizzare gli eventi, come infatti è avvenuto. Eppure molte altre cose
sono rimaste fuori dalla Convention democratica. Il mondo, per
esempio. Nessuno che abbia chiarito
– e tantomeno la Harris, anche nelle più recenti interviste alla CNN dove non
ha convinto nonostante “giocasse in casa” – che cosa si vorrà fare nel
mondo oltre che chiedere la pace a Gaza (ma non a Kiev, chissà perché)).
Nessuno ha indicato un programma, una rotta. Nessuno ha citato il Venezuela,
l’Afghanistan, l’Iran, la Georgia, Taiwan. Perfino l’Ucraina è rimasta del
tutto fuori dal dibattito e nessuno ha spiegato che cosa abbia in mente in
merito a questo sanguinoso e costoso conflitto la candidata-presidente.
Un silenzio speranzoso per l’industria degli armamenti che preme per
continuare le forniture, ma certo non è stato un silenzio casuale, come tanti
altri temi scottanti sono rimasti ben lontani dall’United Center. Eppure l’abbandono
precipitoso dell’Afghanistan (dimenticato e taciuto) era stata una pagina
nera di Biden, così come le incursioni finanziarie “di famiglia” in Ucraina
prima del conflitto…Tutte cose dimenticate e sopite, soprattutto da non
ricordare agli elettori. Meglio promettere
piuttosto interventi sociali per trilioni di dollari (e pochi si sono chiesti
fino a quando si potrà aumentare a dismisura il deficit federale) oltre –
ovviamente - alla chiamata alle armi degli elettori contro il criminale e
pericoloso Trump, genio del male, e che comunque è anche lui pieno di
contraddizioni e sicuramente poco limpido. Nessuno ha citato il
problema immigrazione (ed è forse stato uno sbaglio perché insieme ai temi
economici è questo il vero problema oggi percepito dagli americani e sul tema
la Harris, espressamente delegata da Biden, era stata fallimentare), così
come la decolonizzazione industriale. Tutto si è così indirizzato – ma questo
era ovvio – solo verso la criminalizzazione di Trump che se insulta va in
prima pagina come diffamatore, ma se è insultato non se lo fila nessuno.
Kamala Harris sarà quindi “La presidente della gioia” e speriamo sia
davvero così perché Obama si prese il Nobel per la pace prima ancora di
iniziare il suo mandato e poi esordì bombardando la Siria, Biden è
intervenuto o fuggito in mezzo mondo, mentre il povero Trump (pensateci, ma è
proprio così) era stato l’unico a non iniziare nuovi conflitti. In Italia comunque i media
hanno già sposato ed incoronato la Harris come progressista vincitrice,
negli USA lo vedremo, forse è meglio aspettare il 5 novembre. Approfondimento: IL GRANDE FRATELLO Nei paesi democratici si
scontrano due necessità: da una parte la libertà di informazione e di
comunicazione personale e dall’altra l’abuso che si può fare di questa
riservatezza. Controllare i propri
cittadini “a fin di bene” (ma poi di fatto condizionarli e spiarli) è
d'altronde, da sempre, la spesso taciuta volontà di ogni autorità. Il confine tra queste due
opposte situazioni è spesso una linea sottile, incerta, non codificata viste
anche le quotidiane novità informatiche. La notizia dell’arresto di
Durov – fondatore di Telegram – di passaggio in aereo
a Parigi ha lasciato perplessi perché le autorità francesi per
arrestarlo hanno esteso personalmente a lui le responsabilità di tutti i
crimini che possono essere stati commessi utilizzando questo canale criptato
di comunicazioni, una tesi che appare un po' forzata. Certamente Telegram può
dare fastidio – e molto – a tutti i regimi per i quali può risultare una
minaccia. Non è un segreto che quelli autoritari lo vedano con
preoccupazione, e d'altronde proprio Durov è stato un fiero oppositore di Putin
con le autorità russe che sembra non riescano ancora ad intercettare,
per esempio, le comunicazioni fra dissidenti. Durov è quindi un eroe o
un criminale? Sicuramente ci sono molte similitudini con il caso Assange,
incarcerato e condannato per aver diffuso in nome della libertà di
espressione dati e segreti militari USA dai quali la Casa Bianca (e i loro
alleati) ne uscivano con una pessima immagine, ma che in fondo erano appunto
scottanti “verità” che per questo non si volevano diffondere. Contemporaneamente
all’arresto di Durov Mark Zuckenberg, il potente e ricco
papà di Facebook, abbia ammesso ufficialmente e per iscritto al Congresso USA
di aver volutamente censurato i social media (compresi Facebook e Instagram)
cancellando circa 20 MILIONI di post negli anni scorsi su pressante richiesta
dell’Amministrazione Biden-Harris. C’è chi pensa che Zuckenberg abbia voluto
mettere le mani avanti in previsione di un’indagine penale, oppure che voglia
in qualche maniera segnalare a Trump una scelta di campo in suo favore. Di sicuro anche negli USA
– che si vantava di essere un paese dove prima di tutto viene la libertà
degli individui – anche la stampa e i social sono sempre più manipolati. Nessuno riesce così più a
capire cosa effettivamente succeda in molte parti del mondo e le conseguenze
di alcune scelte di vertice, come le polemiche legate ai vaccini e agli enormi
interessi economici che si stavano e ci stanno dietro. In Italia di tutto questo
purtroppo si parla pochissimo, ma la lettera ufficiale di Zuckenberg conferma
i contenuti dei cosiddetti “Twitter files”, resi pubblici nel 2022 da Elon
Musk, che sottolineano la poca trasparenza della Casa Bianca per
esempio sulle attività del figlio di Biden in Ucraina. Zuckenberg riconosce ora
di aver impedito la diffusione di notizie compromettenti su di lui validando
la (falsa) versione dell’FBI secondo cui si trattava di disinformazione russa
e dunque influenzò il voto presidenziale del 2020. Quelle notizie – e i
relativi commenti - avrebbero potuto spostare molti voti in favore di Trump,
ma la grande stampa americana lo ammise solo molti mesi dopo e ad elezioni
concluse. La stessa guerra in Ucraina assume ora aspetti diversi ed
inquietanti sul coinvolgimento americano, ma pochi sembrano considerarlo. La confessione di
Zuckenberg, diventata pubblica in concomitanza con l’arresto a Parigi di
Pavel Durov, ha riaperto però la questione della segretezza e trasparenza
delle informazioni almeno nei paesi che si dichiarano democratici. In
particolare sul diritto o meno di stabilire chi abbia o no il diritto di
censurare i siti “pericolosi” (ufficialmente per bloccare potenziali reati e
fake news, ma di fatto autorizzando così anche la censura sulla diffusione di
notizie giudicate scomode). Non è certo solo un
problema americano, perché lo stesso sta avvenendo e molto pesantemente nella
UE. La verità e che le polizie
del mondo sembrano tutte correre molti passi indietro rispetto a chi utilizza
questi canali in modo criminale e che alla fine fa comodo a molti tentare
ogni tipo di pressione – arresto compreso, vedi Durov - su chi possa avere le
preziose “chiavi” di accesso alle notizie private di centinaia di
milioni di persone, in una sorte di “grande fratello” che – sempre
ufficialmente “a fin di bene” - vorrebbe però spiare o intercettare tutti noi
e condizionarci così nelle nostre scelte politiche ed economiche. Un tema
enorme, inquietante, e anche per questo sostanzialmente tenuto nascosto. NAUFRAGI L’incredibile e sospetto
naufragio dello yacht Bayesian, uno dei più grandi e lussuosi velieri del
mondo con 7 morti “VIP” ha avuto ben più attenzione del quotidiano
stillicidio di morti annegati nel Mediterraneo (e anche nell’Atlantico
cercando di raggiungere le spagnole Isole Canarie, dove in proporzione sono 5
volte di più) sempre nel tentativo di immigrare clandestinamente in Europa.
Morti che non fanno notizia e sono solo numeri, poveracci subito dimenticati.
La polemica è semmai sulle ONG che vanno a “salvarli”. Certo che il soccorso
in mare è dovuto, ma quella gente non dovrebbe partire e invece – dando loro
buone possibilità di recupero - si incentivano proprio le partenze offrendo
spazio al gigantesco giro d’affari del commercio di carne umana. Perché la CEI (Conferenza
Episcopale Italiana), anziché finanziare i recuperi in mare non collabora
prima di tutto con le Conferenze Episcopali di alcuni paesi africani
coordinando la PREPARAZIONE alla migrazione, PRE-SELEZIONANDO le persone che
vogliono venire in Italia in maniera LEGALE? Aumentare i flussi organizzati e
protetti sarebbe davvero un aiuto “cristiano” e molto più utile, sia per la
trasparenza che per la qualità del viaggio e la sicurezza dei migranti. Non è
“colpa” di chi cerca di arrivare, ma di chi specula su di loro e – pur
in nome della solidarietà umana – li spinge a partire anziché aiutati
in modo adeguato PRIMA di far loro rischiare la vita. Ne ho parlato a lungo
nel mio libro “l’INTEGRAZIONE (IM)POSSIBILE?” che potete sempre richiedermi a
marco.zacchera@libero.it
ATTENZIONE Se volete leggermi
più spesso, su “Il sussidiario.net” trovate più volte la settimana miei
articoli d’attualità (cliccate “sussidiario + zacchera”). Intanto, come ogni
anno, tra metà luglio e metà settembre IL PUNTO esce ogni due settimane. Questo numero è
stato scritto il 3 settembre, ci risentiamo verso venerdì 20, poi
riprenderemo con i consueti appuntamenti settimanali.
BUON SETTEMBRE A
TUTTI ! MARCO ZACCHERA |
Sono nato a Verbania, sul Lago Maggiore, in una famiglia che da secoli ha le sue radici all’Isola dei Pescatori che è quindi da sempre la mia prima piccola patria.
Quando dopo qualche anno di università la Patria si è ricordata di me - allora la naja era obbligatoria – anziché mandarmi tra i paracadutisti - come speravo- mi ha spedito a Pontebba (Udine), a fare l’artigliere da montagna con il mulo al seguito. Pazienza, da allora ho portato la penna sul cappello (e sono con piacere socio dell’ANA) anziché il basco amaranto.
Quasi alla fine del servizio militare (ed era la prima volta che andavo a votare) mi sono candidato al consiglio comunale della mia città, mi hanno subito eletto e di lì ho cominciato la carriera, cresciuta – è il caso di dire – dalla gavetta: dal comune alla provincia, al consiglio regionale del Piemonte nel 1990. In quegli anni essere di Destra significava lavorare seriamente ma essere emarginati, ritrovandosi spesso da soli in un ruolo di dura quanto difficile opposizione, ma è proprio in quel periodo che ho maturato esperienza e rafforzato le mie scelte per costruire una politica che - allora come oggi - intendevo e intendo trasparente, impegnata e concreta. Amavo ed amo stare in mezzo alle persone, discutere con loro, vivere i loro problemi.
Nel ’94 la mia prima candidatura al Parlamento sostenuta e vinta con l'aiuto di oltre 110.000 piemontesi che mi hanno voluto a Montecitorio, unico eletto di Alleanza Nazionale in tutta la circoscrizione del Piemonte 2. La mia circoscrizione elettorale era composta da ben 7 province ma non ho mai mancato ad un appuntamento, ad un incontro.
Subito dopo l’elezione alla Camera Gianfranco Fini mi ha chiamato ad impegnarmi come dirigente nazionale di partito e sono stato così l’ultimo responsabile del dipartimento Organizzazione del MSI-DN prima della fondazione di Alleanza Nazionale e vi ricordate forse il famoso congresso a Fiuggi – quando è stata fondata AN - che ho organizzato proprio io come segretario generale del congresso.
Mi hanno poi rieletto alla Camera nel 1996 e nel 2001 nel collegio uninominale di Verbania-Domodossola, dove AN e la allora "Casa delle Libertà" hanno quasi sempre conquistato la più alta percentuale regionale. Sono stati gli anni più belli perchè con l'elezione diretta a deputato ero in rapporto diretto con i miei elettori che cercavo quindi di rappresentare bene ogni giorno.
Il mio collegio elettorale era terra di montagna e di laghi, ma non c'è un paese, una frazione e forse anche solo un gruppo di case dove io non sia passato, magari organizzando anche un incontro, un dibattito, una conferenza stando vicino ai problemi della "mia" gente soprattutto quando vi erano momenti di maggiore difficoltà. Organizzavo i miei "Rapporto agli elettori" nelle piazze o nelle palestre, nei saloni dei ristoranti o in quelli parrocchiali e cercavo sempre soprattutto di spiegare con parole semplici cosa succedeva a Roma e perché tante cose non si riuscivano a risolvere, così come per anni ed anni alla TV locale ogni settimana la mia rubrica "Onorevole, permette?" era aperta a tutti.
In quegli anni ho diretto l dipartimento Enti Locali di AN e, dal 2002, sono stato - fino alla fine della storia di Alleanza Nazionale - il responsabile del dipartimento Esteri in contatto (anche perché facevo parte della Commissione Esteri) non solo con moltissime figure politiche mondiali ma soprattutto con gli italiani che vivono nel mondo.
Dal 2001 fino al 2012 sono stato componente e anche presidente per cinque anni della delegazione Italiana alla UEO (Unione Europea Occidentale) che si occupava di difesa e sicurezza europea e sono stato membro del Consiglio d’Europa a Strasburgo.
Nel 2005 mi sono nuovamente laureato, questa volta in "Storia delle Civiltà" e sempre a pieni voti con una tesi sui rapporti nel campo della sicurezza tra Unione Europea ed USA dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Nel 2006 e nel 2008 sono stato rieletto deputato per un totale di cinque legislature e 18 anni passati a Montecitorio.
Leggendo qualcuno penserà ad esagerazioni ed invece no: lavorando seriamente si può fare tutto questo senza molti problemi (senza autista o auto blu!) e sono sempre rimasto stupito come nelle statistiche risultassi uno dei deputati più attivi per interventi o iniziative parlamentari perché davvero non mi sembrava di esagerare, ma solo – appunto – di impegnarmi seriamente visto d'altronde lo stipendio che ci davano e che imponeva impegno e responsabilità.
Come ho scritto in uno dei miei libri, "STAFFETTE", che ho dedicato ai giovani di oggi (e che vi invito a leggere perché racconta un po’ tutto di me e della politica di questi anni) non ho mai amato l’apparato del potere, i lussi inutili, gli sprechi di quel mondo falso e senza onore che sta da tempo distruggendo l’anima della gente e la natura intorno a noi. Concetti che riprendo anche in "INVERNA", un nuovo titolo uscito nell’autunno 2012.
Nella mia vita ho avuto la fortuna di viaggiare (per ora) in 139 paesi del mondo ma una svolta importante nella mia vita è venuta nel 1980 quando ho iniziato a lavorare in Africa sul Lago Turkana, in un villaggio di poveri pescatori insegnando loro a pescare. Da allora mi sono reso conto che i problemi non sono mai solo personali, ma anche di tutta l’umanità e che dobbiamo essere comunque grati e contenti verso il "Grande Capo" per tutto quello che abbiamo e che troppe volte diamo per scontato.
Per dare una risposta concreta ho così fondato i VERBANIA CENTER che operano dal Kenya al Mozambico, dal Burundi al Sud America e che oggi sono organizzati in un "Fondo" all'interno della Fondazione Comunitaria del VCO. In oltre 40 anni abbiamo realizzato più di 100 iniziative di sviluppo sociale ed investito oltre 700.000 euro.
Dal Darfur all’Afghanistan, dal Burundi a Timor Est, dal Corno d’Africa al conflitto Mediorientale ho anche visto e vissuto direttamente anche i drammi di tante guerre dimenticate,così come la realtà di tantissimi italiani all’estero che meriterebbero ben più attenzione e rispetto e che invece troppe volte in patria non sono assolutamente considerati.
Credo che si debba essere sempre delle persone semplici: il titolo di onorevole o quello di commendatore non mi sono mai piaciuti, non per niente i miei genitori mi hanno chiamato Marco, il che suona molto meglio e se non mi conoscete di persona ed avrete occasione di contattarmi per favore chiamatemi così.
Qualcuno dice che sono stato un deputato e un politico anomalo... non so, io so soltanto che di dentro mi sento davvero sempre il ragazzo di una volta, quello che parlava al megafono tra le urla (o peggio) nelle assemblee studentesche oppure che prendeva la parola solo contro tutti in consiglio comunale e vorrei ancora essere capace di cambiare sul serio, in meglio, questa Italia che amo e la nostra società dove ci sono ancora tante, troppe ingiustizie.
Anno dopo anno, però, ho scoperto che non sono le ideologie a fare le differenze, ma la qualità delle persone e ne ho trovate di valide e corrette in ogni formazione politica.
E' stata una grande avventura, un onore ed un orgoglio e nel 2012 - anche se avrei potuto rinviare questa scelta - ho anche volontariamente lasciato Montecitorio per svolgere questo incarico a tempo pieno. Per quattro anni ho dato tutto me stesso per la mia città, senza orari né limiti, cercando (gratis) di aiutare e di ascoltare sempre tutti con il massimo impegno possibile. Certo non ho mai fatto discriminazioni di alcun tipo e mi spiace che a volte qualche avversario (ma soprattutto qualche collega di centro-destra) non abbia capito che amministrare una città significa andare ben al di sopra delle opinioni politiche.
Nel 2013 ho scelto di dimettermi da sindaco perchè la mia maggioranza (come il centro-destra a livello nazionale) si era divisa, ma soprattutto sono stato spinto a farlo – e ne ho poi avuto conferma dalle indagini giudiziarie – perché alcune persone a me vicine avevano tramato contro di me diffondendo maldicenze e assurdità: una pagina brutta, una grande sofferenza e delusione che mi ha ferito profondamente.
La “Giustizia” degli uomini mi ha dato completamente ragione ma mi è rimasto il peso di essere stato costretto a lasciare un incarico al quale tenevo, dove ci mettevo il cuore senza risparmiarmi. Ci tenevo perché mi avevano eletto quei miei concittadini che, a larga maggioranza, mi conoscevano di persona e avevano avuto fiducia in me , passano gli anni ma e' una ferita che non si e' rimarginata.
Ho così concluso la mia carriera elettiva ma ho continuato nei miei impegni perché ci sono infinite cose da fare.